domenica 2 novembre 2014
Ghouta Est: la storia di Alma...
di Elena Colagiuri
la storia della grande donna eroe Alma Shahhod.
Alma era una siriana di Ghouta, nella provincia di Damasco. Aveva ventinove anni, era madre di cinque bambini ed era un'infermiera della Ghouta Est liberata dal Free Syrian Army. Zona da sempre soggetta a massivi attacchi, anche con armi chimiche al gas nervino, e a duri assedi da parte delle forze governative di Assad. Alma non era solo questo. Da quando, tre anni fa, era cominciata la rivoluzione siriana, Alma si era esposta per i diritti del suo popolo e si era impegnata da subito nell'apertura di una clinica nella sua città. È, infatti, tra i fondatori delle prime cliniche ospedaliere nella Ghouta Est. Un giorno, come tanti da tre anni, ricevette una chiamata: un raid aereo del regime aveva causato molti morti e feriti. Avevano bisogno di Alma. Saltò subito in macchina e, nel tragitto, rimase vittima di un incidente d'auto. Il midollo spinale era gravemente compromesso. La sua situazione era talmente critica, e la sua persona talmente importante nei cuori dei soldati del Free Syrian Army, che questi preferirono contrattare con il nemico piuttosto che guardare Alma morire in una Ghouta assediata, priva di attrezzature mediche adeguate per curare ferite gravi, cioè quasi tutte quelle provocate da un contesto di guerra. Attivisti e militari del FSA contrattarono quindi con chi gestiva l'ospedale di Damasco, ben controllato dal regime di Assad, come del resto l'intera capitale siriana, e riuscirono a far ricoverare Alma. Quando però i medici e gli Shabihha scoprirono l'identità della ragazza, attivista, oppositrice del governo siriano, infermiera che soccorreva i feriti colpiti dagli stessi di cui ora era in balia, i gestori dell'ospedale non si lasciarono sfuggire l'occasione di punirla, non in un modo "tradizionale", staccandole i tubi e portandole in una prigione sotterranea, ma somministrandole per sessanta giorni una dose eccessiva di anestetici. Morte lenta previa assuefazione e agonia, non del dolore, probabilmente, ma dallo stesso vegetale in cui la condussero. Alma, intanto incinta, diede alla luce il suo quinto figlio. Non curata e appositamente aggravata, le sue condizioni di salute peggiorarono; i suoi amici, allora, intervennero un'altra volta pagando una tangente alla sicurezza del regime posta dentro e fuori all'ospedale per liberare la ragazza dalla prigionia. Trasportata dagli amici, Alma riuscì a varcare il confine a sud della Siria: meta Amman. Il Refugee Health and Trauma Center in Amman la prese in cura, cura che durò più di un anno. Ma le ferite non previamente curate e la dose eccessiva di anestetizzante la condussero alla morte. Sabato 14 giugno 2014, infatti, Alma se n'è andata, lasciando al suo popolo e alla sua terra, oltre alle cliniche che aprì per la sua gente, il suo esempio di coraggio di essere umano, prima ancora che di donna, nonché una delle tante testimonianze del modo in cui il regime si diverte ad uccidere chi si pone contro di esso, abusando, in ogni situazione, del potere e del controllo che detiene.
Alma è un esempio di come una guerra porti a dimenticare di esseri colleghi, fratelli, amici, connazionali.
Di come la guerra porti a dimenticare di essere umani.
(La Guerra in Siria)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)

Nessun commento:
Posta un commento