Di Stefano Consiglio
Mercoledì 5 novembre i servizi segreti norvegesi hanno presentato un report al Governo locale secondo il quale un attacco terroristico colpirà uno dei membri dell'alleanza anti-IS entro 12 mesi. Nel frattempo i leader della Norvegia hanno annunciato l'intenzione di inviare 120 soldati in Iraq al fine di addestrare l'esercito iracheno e fornire supporto alla campagna internazionale promossa dagli USA contro lo Stato Islamico.
Questa decisione, a detta dell'intelligence norvegese, esporrà il paese a possibili attacchi terroristici. Negli ultimi mesi, infatti, in più di un'occasione i portavoce dello Stato Islamico hanno incitato coloro che si battono per la jihad a colpire quelle nazioni che si sono unite agli Stati Uniti nella lotta contro l'IS. Erna Solberg, PM della Norvegia, pur nella consapevolezza dei rischi derivanti dalla decisione di inviare i propri sondati in Iraq ha precisato che: "Non permetteremo alle organizzazioni terroristiche di interferire con le nostre politiche di sicurezza".
Questa non è la prima volta in cui i servizi segreti norvegesi hanno avvertito il Governo della possibilità di un attacco terroristico. Una simile eventualità era stata sottolineata lo scorso luglio quando l'intelligence parlò addirittura di un attacco imminente da parte di uomini collegati con i guerriglieri dell'IS operanti in Siria. Nessun attentato venne registrato dalle autorità norvegesi, che hanno tuttavia mantenuto un livello di allarme elevato in particolare a seguito del vertice NATO tenuto a Cardiff il 4-5 settembre, data in cui su iniziativa degli Stati Uniti venne creata l'alleanza anti-IS.
La Norvegia, naturalmente, non è l'unico paese a temere un attentato terroristico da parte di cellule collegate allo Stato Islamico. In Canada il recente attacco sferrato da Michael Zehaf-Bibeau contro il Parlamento venne interpretato inizialmente come un attentato organizzato dall'IS. Un sospetto alimentato dal Segretario di Stato Usa, John Kerry, che ha posto in relazione l'attacco con la decisione del Canada di inviare i propri aerei contro lo Stato Islamico.
Anche la Gran Bretagna ha aumentato i controlli negli aeroporti e messo in stato di allarme le proprie forze di sicurezza, promuovendo numerose operazioni anti-terrorismo nel paese. Il 7 ottobre 4 persone vennero arrestate in quanto sospettate di voler organizzare delle decapitazioni simili a quelle messe in scena dall'IS in Iraq e in Siria. La polizia di Londra, inoltre, sta indagando sulla possibilità che i 4 arrestati potessero organizzare un attacco con armi da fuoco. Una vicenda simile si è verificata in Australia nel mese di settembre, inducendo le autorità locali ad innalzare il livello di sicurezza e a disporre controlli atti ad evitare la partenza di sostenitori dello Stato Islamico desiderosi di unirsi alle fila dell'IS.
Nonostante la possibilità che un attentato terroristico venga organizzato contro gli Stati facenti parte dell'alleanza anti-IS, questi stanno continuando incessantemente ad attaccare lo Stato Islamico in Iraq. Oggi, 5 novembre, la Nuova Zelanda ha annunciato di aver inviato un piccolo contingente di 80 soldati contro lo Stato Islamico. Si tratta dell'ultima nazione ad essersi unita all'alleanza anti-IS promossa di Obama, i cui membri sembrano essere decisi a realizzare quell'obiettivo posto dal Presidente USA durante il vertice di Cardiff: distruggere lo Stato Islamico entro 36 mesi. Un periodo che, a detta di molti esperti tra cui l'ex capo dell'esercito britannico, il generale David Richards, potrebbe essere ridotto in modo sostanziale qualora si decidesse di inviare delle truppe sul campo.
Nonostante Obama abbia ribadito più volte di non voler modificare la strategia "no boots on the ground" promossa di concerto con gli altri membri della NATO, diversi Stati hanno inviato contingenti in Iraq. Si tratta, per il momento, di piccoli reparti scelti impegnati nell'addestramento dell'esercito iracheno. Questa strategia, tuttavia, potrebbe subire un mutamento determinando un impegno significativo di un esercito straniero e permettendo, auspicabilmente, una rapida vittoria contro i miliziani dello Stato Islamico.
(International Business Times)

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