Di Luca Lampugnani
L'omicidio di due prostitute ad Hong Kong per presunta mano di un insospettabile trader inglese della Bank of America Merrill Lynch ha concentrato principalmente le attenzioni sul carnefice, non sulle vittime. Gioco forza, è indubbiamente maggiore il fascino che suscita il placido dottor Jekyll quando nelle ore più buie della notte si trasforma nel suo alter ego malvagio e brutale, il signor Hyde, piuttosto che delle lavoratrici del sesso che, costrette, ingannate o meno, vivono costantemente la loro condizione ventiquattro ore su ventiquattro.
In tal senso, non è strano che negli ultimi giorni i media di tutto il mondo abbiano parlato in lungo e in largo di Rurik Jutting, solo sfiorando o ignorando del tutto le storie e i background di Seneng Mujiasih (uccisa tra venerdì 31 ottobre e sabato 1 novembre) e Sumarti Ningsih (trovata già in stato di decomposizione avanzata sul balcone dell'appartamento di Jutting). Entrambe indonesiane, la prima di 29 e la seconda di 25 anni, il britannico Guardian le definisce giustamente "lavoratrici del sesso freelance", come a migliaia se ne trovano ad Hong Kong, per lo più provenienti dalle Filippine o, appunto, dall'Indonesia.
Nell'ex colonia britannica, già agli onori della cronaca nelle scorse settimane a causa delle proteste di piazza contro l'influenza cinese, la prostituzione è sostanzialmente legale. Al contrario, sono da considerarsi illegali, ad esempio, l'induzione, il reclutamento, lo sfruttamento, la gestione di case chiuse. "Perché lo faccio? La vita nelle Filippine è dura. Mio figlio ha nove anni. Devo pagare per la sua educazione. E' difficile essere una madre single", racconta Erica, tra le moltissime ragazze che affollano bar e vie dei quartieri più frequentati dagli uomini d'affari stranieri.
Come già accennato, almeno in larga parte quest'ultime sono libere professioniste, senza particolari collegamenti con aree, bar o altre organizzazioni. Molte arrivano ad Hong Kong con un visto turistico di 30 giorni. Altrettante, aumentando quindi poi il periodo di permesso di soggiorno, trovano lavoro come domestiche, salvo poi mettere in vendita il loro corpo la domenica. Un'attività extra che permette loro di integrare lo stipendio e di spedire verso casa, o di tornarci, con più soldi.
Ovviamente, come dimostrano in maniera estrema gli esempi di Seneng Mujiasih e Sumarti Ningsih, i rischi che corrono queste ragazze sono innumerevoli. E se è vero che l'efferato omicidio delle due ha sconvolto in primis l'ex colonia britannica, non abituata a simili episodi, è altrettanto vero che secondo numerosi report di varie ONG le lavoratrici del sesso sono spesso soggette a pestaggi e ad altri episodi di violenza minore.
Lunedì prossimo, dopo essere già stato davanti ai magistrati, Jutting dovrà ripresentarsi per essere sottoposto ad ulteriori interrogatori e indagini. Per il momento è l'unico accusato degli omicidi delle due indonesiane - nella stanza dell'appartamento è stata anche ritrovata della cocaina -, e probabilmente lo rimarrà fino al giorno della sentenza. Tuttavia, le luci dovrebbero accendersi non su quest'ultimo, bensì sulle due vittime, così come su tutto quell'esercito di donne che stagionalmente raggiunge Hong Kong perché non ha, o non vede, altre alternative.
(International Business Times)

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