Di Luca Lampugnani
Se nel 1979 il problema era l'eccessivo boom demografico cinese, 35 anni dopo - e in previsione del futuro - la tendenza è assolutamente invertita. Stando ad alcune stime, infatti, nonostante per il momento continui a crescere, la popolazione del Dragone entro un decennio potrebbe sensibilmente diminuire, conoscendo un vero e proprio tracollo nei prossimi 100 anni passando dagli attuali 1,3 miliardi ad 800 milioni. Uno scenario che si rivelerebbe più che plausibile, ovviamente, se in Cina si mantenesse costante l'attuale rapporto tra tasso di natalità e di mortalità.
In tal senso, all'incirca un anno fa, al termine del terzo Plenum il Partito Comunista cinese aveva deciso di superare (o meglio alleggerire) la controversa politica del figlio unico. Introdotta nel 1979 dall'allora presidente Deng Xiao Ping e resa operativa su tutto il territorio nazionale, questa impediva categoricamente alle coppie cinesi - scatenando nel corso degli anni numerosi risvolti sociali disastrosi, a partire dagli aborti obbligati - di generare secondogeniti, in particolar modo se abitavano nelle aree urbane della Cina. Con la modifica del novembre 2013, Pechino ha sostanzialmente aperto alla possibilità del secondo figlio, lasciando comunque alcuni paletti: coloro che vogliono affrontare una seconda gravidanza, infatti, sono assolutamente tenuti a dimostrare di essere a loro volta figli unici, requisito che può essere soddisfatto anche solo da uno dei due genitori pretendenti.
Tuttavia, ormai ad un anno da un passo che è stato giudicato storico, gli effetti dell'allentamento sulla famigerata politica del figlio unico sono pressoché invisibili. Come confermato la scorsa settimana da un alto funzionario della sanità nazionale e membro della commissione cinese per la pianificazione familiare, Zhao Yanpei, delle 11 milioni di coppie stimate che potrebbero beneficiare dell'apertura, solo un 6% ha effettivamente presentato domanda per ottenere il via libera al secondo figlio. Precisamente, nonostante fossero attese oltre un milione di richieste solo nel corso del primo anno, fino a questo momento il contatore si è fermato a 700 mila. Si tratta di un dato "davvero molto al di sotto delle nostre aspettative", ha commentato Yanpei.
"Perché non si sta verificando l'atteso baby-boom?", titolava l'agenzia di stampa cinese Xinhua lo scorso 10 novembre. Le risposte più gettonate a questa annosa domanda e raccolte dai giornalisti sguinzagliati in lungo e in largo per tutta la Cina dalla Xinhua stessa erano tre: paura, indecisione, volontà. Nel primo caso, gli intervistati esternavano tutte le loro preoccupazioni in merito al mantenimento dell'eventuale secondo figlio. Nel secondo, descrivevano la loro titubanza per i più disparati motivi, dall'età alle possibilità economiche. Nel terzo, ed ultimo, dicevano chiaramente di non essere interessati ad un secondogenito, di essere felici e contenti con un unico figlio. Così come fatto dalla Xinhua, nelle ultime settimane articoli simili hanno occupato pagine e pagine di numerosi organi di informazione del Dragone, e il risultato è stato pressoché lo stesso: "avere un secondo bambino non è così semplice come l'aggiunta di un altro paio di bacchette a tavola".
Insomma, prima responsabile del mancato riscontro nel pratico della 'liberalizzazione' teorica della politica del figlio unico sembra essere l'economia di tutti i giorni. Un eventuale secondo figlio deve essere sfamato, istruito, curato e cresciuto. E laddove gli stipendi della classe media (soprattutto nel privato) scricchiolano e rendono difficile il mantenimento di un solo figlio, la prospettiva di un secondogenito diventa utopia.
Ancora, non è da sottovalutare la questione burocratica. Riuscire ad ottenere il permesso per una seconda gravidanza non è infatti cosa facile, e a fronte di spese e fatiche è più che probabile che al termine dell'iter i desiderosi genitori vengano stroncati con un sonoro rifiuto. In tal senso, emblematico è un risvolto dei numeri snocciolati la scorsa settimana dal già citato Zhao Yanpei: delle 700 mila coppie che hanno fatto domanda, 80 mila sono state rispedite al mittente. A questo dato, ancora, va aggiunto che il governo non si è premurato di riferire quanti secondogeniti siano effettivamente nati ai genitori autorizzati, anche se una dimensione parziale della manovra può essere data da Chongqing, città con una popolazione di oltre 33 milioni di persone. Qui, secondo alcuni report, dallo scorso novembre ad oggi sono nati 5 mila e 15 bambini.
Ovviamente, nel caso la tendenza non cambi nei prossimi anni (e c'è tutto lo spazio di manovra utile affinché capiti, basti pensare che gli effetti in contrasto al boom demografico portati dal controllo delle nascite si sono cominciati a vedere negli anni'90), le conseguenze potrebbero essere anche piuttosto preoccupanti. Innanzitutto, la Cina conoscerebbe un sempre maggior invecchiamento della popolazione e una diminuzione nei ricambi generazionali. In secondo luogo, si manterrebbe costante la disparità demografica tra uomini e donne, i primi in un numero decisamente maggiore rispetto alle seconde con particolare responsabilità della politica del figlio unico. Ancora, la forza lavoro continuerebbe a crollare anno dopo anno, come si è già verificato per la prima volta nel 2012 e poi di nuovo nel 2013. Conseguenze, queste, strettamente legate l'una all'altra, e che rischiano alla lunga di intaccare la proverbiale crescita economica senza sosta del Dragone.
(International Business Times)

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