Di Stefano Consiglio
Grazie al supporto aereo fornito dagli Stati Uniti e all'indomito spirito combattivo dei Peshmerga, l'Iraq sta finalmente riconquistando le terre cadute nelle mani dell'IS. Dopo un assedio durato oltre due mesi le forze lealiste hanno ripreso il controllo della città di Suleiman Beg, situata nella parte settentrionale del paese. Nel frattempo i miliziani dell'IS, costretti ad arrestare la loro avanzata, continuano a rivolgere la propria ira contro le minoranze presenti nel paese. Secondo un report presentato oggi, 2 settembre, da Amnesty international gli jihadisti sono responsabili di numerosi "crimini di guerra, compresi omicidi di massa e rapimenti. Le azioni commesse dallo Stato Islamico forniscono nuove e strazianti prove che l'ennesima ondata di pulizia etnica contro le minoranze imperversa nel nord dell'Iraq".
La guerra combattuta oggi in Iraq vede la presenza sul territorio di tre gruppi fondamentali: i guerriglieri curdi, i soldati dell'esercito iracheno e i miliziani dell'IS. Ogni giorno i quotidiani e le televisioni di tutto il mondo parlano delle atrocità compiute dagli uomini di al-Baghdadi o della morte di alcuni Pesherga, soldati che hanno consacrato la propria vita alla difesa del Kurdistan. SI è parlaco poco invece del ruolo giocato dalle donne e è di questo che parleremo di seguito nell'articolo.
Le guerrigliere curde
Il primo reclutamento ufficiale di donne all'interno dell'esercito curdo risale al 1996, anno in cui i Peshmarga combattevano contro il leader iracheno Saddam Hussein. In breve tempo queste donne dimostrarono di scendere in battaglia con un'abilità e una tenacia del tutto simile a quella degli uomini. Tra le più famose combattenti curde vi è il Colonello Nahida Ahmed Rashid, comandante di un battaglione di sole donne, 550 guerrigliere pronte a dare la vita per il proprio paese. Le motivazioni che spingono le donne curde ad affrontare i miliziani dell'IS sono state spiegate chiaramente dal Colonnello Rashid: "Io credo in una causa superiore, che è la protezione delle nostre famiglie e delle nostre città dall'estremismo, dalla brutalità e dall'oscurantismo. Loro non accettano donne che assumono ruoli di comando. Loro vogliono che ci copriamo e diventiamo casalinghe, il cui unico scopo è assistere i loro bisogni. Loro credono che non abbiamo alcun diritto di parlare e che possono controllare le nostre vite". A questo punto la guerrigliera curda lancia un monito ai miliziani dell'IS: "Altre donne si stanno arruolando per difendere il Kurdistan iracheno dall'estremismo islamico, noi non siamo spaventate da loro sono loro che dovrebbero avere paura di noi". È interessante notare che i miliziani dell'IS, sempre pronti a trucidare le donne indifese che trovano lungo il loro cammino, sono riluttanti quando si tratta di combattere le guerrigliere Peshamrga. Secondo gli jihadisti, infatti, essere uccisi in battaglia da una donna impedisce di accedere al paradiso.
e donne dello Stato Islamico
Nello Stato Islamico la popolazione che vive sotto il giogo di al-Baghdadi e dei suoi uomini deve osservare la Sharia, la legge islamica, la quale confina la donna in una posizione di sudditanza rispetto all'uomo. Ciò nonostante la lotta agli infedeli, condotta dall'IS in Iraq e Siria, è combattuta non solo da uomini ma anche da donne. Subito dopo la creazione dello Stato Islamico, infatti, nella città di al-Raqqa (Siria) venne creata la brigata al-Khansaa, composta esclusivamente da individui di sesso femminile. Essa venne incaricata di garantire la moralità delle donne e punire coloro che violano i precetti della Sharia. Un altra donna famosa, ascesa agli onori della cronaca dopo la decapitazione di Foley, è Khadijah Dare, una ragazza di 22 anni originaria di Londra che si è unita agli islamisti dopo aver sposato un miliziano oggi appartenente all'IS. Dopo la barbara uccisione del giornalista, la donna ha postato su Twitter un messaggio affermando di voler essere la prima jihadista di sesso femminile ad uccidere un cittadino britannico o americano.
Molti occidentali trovano incomprensibile il fatto che delle donne possano appoggiare l'IS, uno Stato autoproclamato che basa la sua esistenza su un insieme di regole palesemente misogine. Molte donne musulmane hanno replicato a queste critiche sostenendo che nel mondo islamico le donne sono molto più forti rispetto a come vengono normalmente dipinte nei paesi occidentali. La nascita della brigata al-Khansaa sarebbe un chiaro esempio di come, anche nell'IS, le donne stanno assumendo un ruolo che va ben al di là del semplice sostegno agli uomini. Ciò potrebbe far pensare che Kurdistan e IS hanno qualcosa in comune: il ruolo riconosciuto alle donne nel conflitto iracheno. Questa affermazione potrebbe anche essere condivisibile se non fosse che vi è una marcata differenza tra gli scopi che spingono le donne curde a scendere in battaglia e il ruolo interpretato dalle jihadiste dell'IS. Le guerrigliere Peshmerga, infatti, combattono per difendere le proprie famiglie e il proprio paese alla furia degli islamisti, che in questi mesi hanno massacrato migliaia di persone "colpevoli" di appartenere a gruppi etnico-religiosi differenti. Le donne dell'IS, al contrario, hanno assunto un ruolo attivo nella repressione della libertà personale, nella persecuzione delle minoranze, nell'esecuzione dei prigionieri occidentali. Agendo in questo modo le jihadiste non hanno fatto altro che alimentare un terribile massacro, che solo nel mese di agosto ha causato la morte di 1.200 persone.
(International Business Times)

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