A circa tre mesi dal ritiro della maggior parte delle truppe statunitensi e del Regno Unito dall'Afghanistan, il futuro del Paese dell'Asia Centrale sembra sempre più incerto. I Talebani hanno preso il controllo della strategica provincia di Ghazni, a sudovest da Kabul, stando a quanto riportato da Al Jazeera. La loro vittoria militare è arrivata in un momento di instabilità politica nella capitale e ha sollevato timori circa la possibilità che il Paese possa ricadere nelle mani dei Talebani dopo il ritiro delle truppe occidentali.
«Di certo i Talebani potrebbero riprendersi il Paese - ha spiegato James Carafano, vicepresidente per gli studi di politica estera e di difesa della Heritage Foundation di Washington - Ritengo che noi [gli USA, ndr] stiamo facendo in Afghanistan gli stessi errori fatti in Iraq, dove abbiamo ritenuto che le acque si fossero calmate e abbiamo tolto la rete di sicurezza, dopodiché il Paese è ribiombato nel caos e ci siamo chiesti dove abbiamo sbagliato». (La Heritage Foundation si descrive come un think tank che promuove idee conservatrici: i media non riportano che essa sia in qualche modo collegata ai governi di Afghanistan e Iraq.)
Durante la presa di Ghazni, oltre 100 abitanti sono stati uccisi in una battaglia durata settimane, secondo Agence France-Presse. Ulteriori 15 persone sospettate di collaborare con le autorità sono state decapitate, secondo BBC News. Fra i morti vi è anche una donna obiettivo di un gruppo di Talebani che si è allineato ai militanti dello Stato Islamico, un gruppo noto in precedenza come ISIS.
La provincia di Ghazni è un importante crocevia verso Kabul.
Ciò che è di maggiore preoccupazione a Kabul, e forse a Washington, sono i report che mostrano che lo Stato Islamico starebbe guadagnando supporto in alcune aree di Afghanistan e Pakistan: la rivista Time afferma che un leader talebano avrebbe lasciato intendere che l'intero gruppo potrebbe giurare fedeltà ad ISIS in futuro. Allo stesso modo Radio Free Afghanistan ha reso noto che in video recente tre uomini mascherati si sono presentati come membri dell'Organizzazione Islamica del Grande Afghanistan e si sono mostrati davanti alla bandiera nera usata dallo Stato Islamico.
Questa presenza di combattenti di ISIS ha aumentato la possibilità che l'Afghanistan possa diventare il prossimo Stato parìa, con un governo azzoppato dalla presenza minacciosa di gruppi radicali.
«È una piccola possibilità - afferma Christopher A. Preble, vicepresidente per gli studi di politica estera e di difesa del Cato Institute di Washington - C'è ricchezza in Siria e Iraq, e abbiamo visto come ISIS ha usato la vendita di petrolio e il contrabbando per autosostenersi. Non è il caso dell'Afghanistan, che è un posto molto più povero e inospitale, e, tra l'altro, piuttosto lontano dall'epicentro del radicalismo islamico». (Il Cato Institute si descrive come un think tank che promuove i principi di libertà individuale, governo limitato, libero mercato e pace: afferma di non ricevere finanziamenti governativi)
Dal punto di vista di Preble, lo Stato Islamico riceve maggiore cooperazione dalle persone in Siria e Iraq per via della profonda sfiducia, quando non odio, verso il proprio governo centrale. Al contrario in Afghanistan non c'è un controllo centrale da parte del governo, peraltro piuttosto malfunzionante, e di conseguenza la popolazione ha meno incentivi a mettersi nelle mani di ISIS.
Sebbene Preble preveda problemi con gruppi radicali in futuro, egli ha rilevato che né i Talebani né lo Stato Islamico hanno realisticamente la possibilità di prendersi il Paese. «Il cosiddetto controllo che i Talebani avevano sul Paese nel 1996 non si è mai davvero esteso a tutto l'Afghanistan: essi non riuscirono mai a piegare i Pashtun e a prendere le loro regioni per via di ragioni tribali».
In aggiunta, suggerisce Preble, le potenze straniere hanno più vantaggi adesso: «La tecnologia permettere di tenere d'occhio i Talebani 24 ore su 24. È un mondo in cambiamento che può essere facilmente monitorato».
Le forze armate straniere dovrebbero in gran parte lasciare il Paese entro dicembre, e, come ha spiegato il Wall Street Journal, non è stato raggiunto alcun accordto sulla sicurezza tra gli afghani e il governo statunitense, per cui tutte le forze USA dovranno andarsene.
«Il maggiore problema che vediamo in Afghanistan è che noi statunitensi ci siamo fissati a lasciare il Paese basandoci sul calendario invece che sulle condizioni del Paese - ha aggiunto Carafano della Heritage Foundation - È questo ciò che noi riteniamo abbia creato l'attuale situazione in Iraq. E se seguiamo la stessa politica in Afghanistan, non sono sicuro che potremo aspettarci un esito differente».
(International Business Times)

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