lunedì 1 settembre 2014

Cos’è il jihad nell’Islam...





La parola jihad è entrata di recente nel lessico comune, a causa dell’ascesa di Isis, lo Stato islamico che ha conquistato zone della Siria e dell’Iraq. La parola jihad accomuna sia i guerriglieri del Califfo Ibrahim, meglio noto come Abu Bakr al Baghdadi, che i terroristi di Al Qaeda, comandati dal medico egiziano al Zawahiri.
Jihad è traducibile con “sforzo” e il significato ha un ampio spettro, che dallo sforzo interiore, di tipo spirituale, a quello più comune sui media, ossia l’aspetto militare. Il jihad pacifico è tipico dell’Islam moderato: i movimenti liberali fondano la loro interpretazione come uno sforzo verso una tensione positiva, affinché si possa consolidare la fede in Allah. In questo caso, quindi, l’obiettivo esterno è di una conversione di chi crede in altre religioni.
In un articolo pubblicato sul New York Times, Daniel Pipes ha spiegato così le ragioni storiche del jihad.
La jihad nella sua accezione di espansione territoriale è sempre stata un aspetto centrale della vita musulmana. È così che i musulmani governarono gran parte della penisola arabica fin dalla morte del profeta Maometto, avvenuta nel 632. È così che un secolo dopo, i musulmani conquistarono una regione che andava dall’Afghanistan alla Spagna. Successivamente, la jihad incitò e giustificò le conquiste musulmane di territori come l’India, il Sudan, l’Anatolia e i Balcani.
La questione è ovviamente molto complessa, in quanto chiama in causa aspetti teologici relativi al Corano. Il testo sacro dell’Islam fa comunque riferimento a un ricorso alle armi in nome della religione. Ma per alcuni studiosi si tratta di un jihad esclusivamente difensivo. L’altra visione, quella più violenta, analizza lo “sforzo” come una cacciata dal proprio territorio degli infedeli. Quindi nei territori islamici vanno espulse le persone di religione diversa anche attraverso azioni che possono includere anche la guerra santa.
(Il Journal)

Nessun commento:

Posta un commento