Quali saranno gli effetti di questo patto militare? E qual è la reale tenuta?
Alla fine è arrivata l’annuncio, molto temuto dagli analisti: Al Qaeda e Isis sono unite nella guerra all’Occidente.
I qaedisti, attraverso Al Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi) e Al Qaeda nella Penisola Arabica (Aqap), ha diffuso reso noto il patto che esorcizza le divergenze tra le due organizzazioni. Martedì 16 settembre è nata quindi la nuova alleanza jihadista, che complica ulteriormente lo scenario mediorientale, dopo l’annuncio di Obama della guerra allo Stato islamico.
Il Califfo Ibrahim, noto come Abu Bakr al Baghdadi, ha ormai conquistato la leadership islamista appartenente al medico egiziano Ayman al Zawahiri, rifugiato nelWaziristan. L’erede di Osama Bin Laden aveva scomunicato il capo dell’Isis, affidando a Jabhat al Nusra il compito di portare il jihad in Siria nella guerra civile iniziata nel 2011.
Tuttavia, i successi conseguiti dall’Isis e l’autoproclamazione del Califfato hanno spostato l’attenzione della galassia fondamentalista, che vuole l’instaurazione di un unico Stato islamico in grado di abbattere i confini nazionali come vengono intesi oggi. Indipendentemente da chi sia il protagonista di questa operazione.
Scrive Maurizio Molinari su ‘La Stampa‘.
Il caso più eclatante è Gouri Abdelmalek, capo militare di Al Qaeda nel Maghreb Islamico, che all’inizio di questa settimana ha annunciato la nascita dei Soldati del Califfato in Algeria trasferendosi al servizio di Al Baghdadi. Nelle settimane precedenti il Califfo aveva incassato la fedeltà di tre cellule di Al Qaeda in Marocco e gruppi salafiti in Giordania ma soprattutto, in agosto, dal Sinai era arrivata l’adesione da parte di Bayt al Maqqdis, i jihadisti del Sinai.
Cosa cambia con l’alleanza Isis-Al Qaeda?
Il fascino della vittoria ha insomma attirato i comandanti che prima appartenevano alla galassia qaedista. Ayman al Zawahiri, peraltro, sembra relegato a un ruolo marginale, senza un effettivo potere, del jihadismo internazionale: attualmente è nascosto tra le montagne di Pakistan e Afghanistan.
E’ evidente la differenza con il Califfo che invece ha assunto il controllo di vaste aree tra Siria e Iraq, aumentando in pochi mesi il numero di combattenti a disposizione ereperendo fondi per la sua guerra.
La saldatura tra Califfato e miliziani di Al Qaeda allarga comunque lo spettro del conflitto occidentale contro i jihadisti. Il fronte iracheno e quello siriano non bastano più, perché la battaglia si sposterà anche nel Maghreb e, in particolare, nello Yemen, dove la situazione è perennemente instabile. Infine non va dimenticata la possibile offensiva in Asia, dove sono presenti cellule estremiste tra Singapore, Malaysia, Indonesia e Filippine.
Una possibile conseguenza, quindi, riguarda l’ampliamento di quella coalizione a cui Washington sta lavorando per fronteggiare la minaccia dello Stato islamico.
Quanto può reggere l’intesa jihadista?
L’alleanza Isis-Al Qaeda, in ogni caso, non va vista come una saldatura definitiva tra le due organizzazioni: la Siria è un caso lampante dei dissidi tra i miliziani di Jabhat al Nusra, guidati da Abu Mohammad al-Jawlani, e i guerriglieri dello Stato islamico.
L’alleanza sorge dalla volontà di combattere il nemico comune, gli Stati Uniti su tutti, soprattutto dopo le dichiarazioni di Barack Obama.
La sintesi è perfetta in questa analisi di Guido Olimpo sul ‘Corriere della Sera‘.
Diversi gruppi regionali minori hanno deciso di schierarsi con i «fratelli» siro-iracheni, altri si sono limitati a attestati di solidarietà senza però rinnegare la gerarchia tradizionale di al Qaeda. Capi locali – tra questi un paio di Aqim – hanno invece aderito al progetto lanciato da al Baghdadi. Autorevoli ideologici, come il giordano al Makdisi, hanno sconfessato apertamente al Baghdadi E’ comunque prevedibile che l’offensiva degli Usa spingerà i qaedisti a serrare i ranghi. Tutto, però, in una realtà fluida e mai stabile.
(Il Journal)

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