Due milioni di dollari al giorno ovvero 730 milioni di dollari all’anno, e tutti al servizio della causa jihadista: a tanto ammonterebbero gli introiti che lo Stato Islamico (SI) starebbe generando dal controllo dei campi petroliferi iracheni. A sostenerlo, in un articolo pubblicato dalla Cnn, è Luay al-Khatteeb, ricercatore presso il Brooking Doha Center.
Lo Stato Islamico, il movimento politico-militare che ha conquistato in poche settimane ampie regioni irachene e che già controlla territori siriani, secondo Khatteeb può dire la sua su campi marginali ma sufficienti a generare la valuta pregiata di cui i jihadisti necessitano per tutte le loro operazioni militari ma anche per altre attività.
Attraverso le strade del commercio illegale il petrolio lascia l’Iraq e il gruppo in questo modo ottiene linfa vitale per crescere e rendersi in questo modo più pericoloso.
Lo Stato Islamico sta combattendo per la raffineria di Bajii, ma in Siria dispone di alcune piccole raffinerie: il carburante derivato da queste raffinerie viene venduto localmente, sia in Siria che in Iraq, oppure viene utilizzato per alimentare la macchina da guerra messa su.
Le strade per smistare il petrolio ricavato dai suoi campi, attraversano la Giordania, vanno verso l’Iran attraverso il Kurdistan o ancora verso la Turchia attraverso Mosul.
L’obiettivo nel breve termine, secondo al-Khatteeb, è quello di diventare autosufficienti, di creare uno Stato vero e proprio con una capitale probabilmente situata all’interno del cosiddetto triangolo sunnita, in Iraq. In soldi servono per reclutare altri combattenti, per estendere le operazioni e per, alla fine, lanciare attacchi contro i paesi occidentali.
Per riuscire in questa impresa, aver dichiarato la nascita del Califfato avrebbe lo scopo ben preciso di attrarre jihadisti da tutto il mondo, combattenti pronti a combattere e a morire per ideali in cui credono.
(Atlas)

Nessun commento:
Posta un commento