Isabella Villa
Damasco - Dall’Iraq alla Siria. I jihadisti dello Stato islamico continuano a seminare morte. Negli ultimi giorni hanno colpito in particolare la regione siriana diRaqqa - si parla di 500 morti - e minacciato la sopravvivenza di migliaia di turcommani sciiti nella regione irachena di Salaheddin. Una strage che ha portato la cancelliera tedesca Angela Merkel a parlare di genocidio. «In Iraq - ha spiegato la Cancelliera durante un’intervista televisiva - si sta assistendo a un genocidio sotto gli occhi di tutti da parte delle milizie dello Stato islamico che agiscono con modalità terroristiche contro tutti quelli che la pensano diversamente da loro».
Secondo Merkel «le milizie dell’Is sono molto ben finanziate senza essere direttamente finanziate da alcuno Stato, mentre non c’è la sicurezza al 100% che le armi che il governo tedesco ha deciso di inviare nel nord dell’Iraq restino nelle giuste mani per la lotta all’Is».
«Ma Berlino - ha spiegato Merkel - aveva due possibilità: proviamo a fermare un genocidio con l’invio di armi oppure decidiamo che il rischio è troppo alto. Abbiamo deciso che ci sono ragioni preponderanti per agire».
Ieri i jihadisti hanno conquistato la base aerea di Tabqa, nella regione settentrionale di Raqqa, l’ultima sacca di resistenza delle forze di Damasco in una zona sotto il controllo dell’Is dalla primavera del 2013.In Iraq, invece, a sud della città contesa di Kirkuk, da settimane pienamente in mano alle milizie curde, migliaia di turcomanni della cittadina di Amerli continuano ad attendere invano soccorsi militari e umanitari che li liberino dall’assedio, in corso da due mesi, dei jihadisti dello Stato islamico. Che ieri hanno effettuato un nuovo assalto alla raffineria di Baiji, la più importante dell’Iraq, situata a circa 200 km a Nord di Baghdad. L’attacco - secondo fonti di polizia - è stato sferrato da tre fronti che hanno precisato che le forze governative irachene contano sulla copertura aerea americana per fermarli. E proprio sul fronte dell’intervento Usa, da Washington diversi alti esponenti dell’amministrazione Obama hanno lasciato nuovamente intendere che i raid aerei contro l’Is si estenderanno anche alla Siria. Una campagna aerea in territorio siriano contro i leader jihadisti appare però ben più complicata, soprattutto a causa per carenza di intelligence e anche per il rischio che i velivoli americani, con o senza pilota, finiscano nella rete delle forze antiaeree del regime di Bashar al Assad.
Intanto ieri è arrivata una buona notizia: il giornalista americano Peter Theo Curtis, rapito due anni fa mentre dalla Turchia stava cercando di entrare in Siria, è stato liberato. La notizia anticipata da al Jazeera è stata confermata dalla famiglia di Curtis, che sarebbe stato consegnato in Siria ad un rappresentante dell’Onu grazie anche a una non meglio precisata mediazione del Qatar.
Dall’Asia all’Africa
Il “Califfato” seduce anche i fondamentalisti nigeriani Boko Haram, che stanno avanzando con devastanti e sanguinosi attacchi alla conquista di città del nord-est della Nigeria. Ieri il gruppo ha aggiunto un nuovo tassello al suo “regno della Sharia”, dove viene applicata con estrema rigidità la legge islamica, replicando gli orrori compiuti dallo Stato Islamico in Iraq e in Siria. In un video di 52 minuti il leader dell’organizzazione, Abubakar Muhammad Shekau, ha trionfalmente dichiarato di aver inglobato nel “califfato islamico” Gwoza, città nel nord-est della Nigeria.Nel filmato girato all’aperto, Shekau ha ringraziato «Allah per aver dato la vittoria ai nostri fratelli a Gwoza che ormai fa parte del califfato islamico». Poi il video mostra una ventina di uomini in abiti civili distesi a terra, le mani legate dietro la schiena che vengono giustiziati uno dopo l’altro con un colpo d’arma da fuoco sparato a bruciapelo alla testa. Da giorni i vescovi nigeriani stanno denunciando come Boko Haram non si limiti più a compiere attentati e incursioni nei villaggi ma dimostri e dichiari apertamente di voler controllare spazi sempre più vasti del territorio nigeriano.
(Il Secolo XIX)

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