(ANSAmed) - BEIRUT - La minaccia jihadista su Siria e Iraq fa apparire possibili alleanze che fino a un anno fa sembravano impensabili. Damasco è pronta anche ad operazioni militari americane e britanniche entro i suoi confini per fermare i miliziani dello Stato islamico (Isis), ma solo con il "pieno coordinamento con il governo siriano".
In Siria i jihadisti sono galvanizzati dall'ultimo successo ottenuto ieri con la conquista della base di Al Tabqa, l'ultima roccaforte lealista nella provincia settentrionale di Raqqa.
A Washington ci si interroga sull'opportunità di estendere alla Siria gli attacchi aerei contro le postazioni dell'Isis, il ministro degli Esteri di Damasco, Walid al Muallim, ha ammonito che ciò dovrà avvenire nell'ambito di un'azione coordinata con il governo siriano.
Anche Mosca, grande alleato del presidente Bashar al Assad, ha messo in guardia gli Usa. Se vogliono combattere lo Stato islamico, ha detto il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov, lo devono fare "in collaborazione con i legittimi governi".
In Siria i jihadisti sono galvanizzati dall'ultimo successo ottenuto ieri con la conquista della base di Al Tabqa, l'ultima roccaforte lealista nella provincia settentrionale di Raqqa.
A Washington ci si interroga sull'opportunità di estendere alla Siria gli attacchi aerei contro le postazioni dell'Isis, il ministro degli Esteri di Damasco, Walid al Muallim, ha ammonito che ciò dovrà avvenire nell'ambito di un'azione coordinata con il governo siriano.
Anche Mosca, grande alleato del presidente Bashar al Assad, ha messo in guardia gli Usa. Se vogliono combattere lo Stato islamico, ha detto il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov, lo devono fare "in collaborazione con i legittimi governi".
Di fronte all'offensiva dei jihadisti dell'Isis, per il vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria, mons. Antoine Audo, "c'è bisogno di una forza internazionale per la pace".
"Come cristiani, come siriani, speriamo di avere una soluzione di riconciliazione, di pace, con l'aiuto delle Nazioni Unite - dice Audo alla Radio Vaticana -. C'è bisogno di una forza internazionale per la pace. La situazione ad Aleppo è piuttosto difficile con problemi di elettricità, di acqua; non c'è sicurezza: non si sa quando arrivano le bombe. E, malgrado tutto, come cristiani, cerchiamo di essere vivaci, presenti, di fare attività. Per esempio, questa settimana faremo alcuni giorni di riflessione con tutta la gente che lavora con noi alla Caritas. Si cerca di sopravvivere, di essere attivi, presenti. Non possiamo fare altre cose".
Per quanto riguarda l'avanzata dei combattenti dello Stato islamico, "in città, nel centro di Aleppo, dove vivono la maggioranza dei cristiani e ci sono anche altri, non c'è una presenza diretta violenta - dice il vescovo -. Siamo sotto la protezione del governo. Intorno alla città ci sono tanti gruppi che attaccano e lanciano bombe. Questa è la situazione".
Inoltre, "abbiamo sentito le notizie che arrivano da Mosul e da Raqqa. Abbiamo notizie che parlano di legge, di comportamenti da tenere, di violenze. E questo fa paura generalmente alla gente". Mons. Audo conclude con una domanda: "'Chi sostiene questi gruppi?'. Questa è la domanda che rivolgiamo alla coscienza internazionale. Chi vende armi? Chi raccoglie interessi da queste violenze?".

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