venerdì 29 agosto 2014

Tutto quello che c'è da sapere sulla tregua tra Israele e Palestina....





Di Luca Lampugnani 

Ventilata, dapprima smentita poi confermata, nella notte tra il 26 e il 27 agosto è entrata in vigore la tregua "di lungo periodo" che teoricamente dovrebbe porre fine all'ennesimo round di conflitto israelo-palestinese. Le rispettive diplomazie, dopo settimane e settimane di stallo politico, mentre tra Tel Aviv e la Striscia di Gaza si consumava una delle fasi più cruente di una guerra centenaria, hanno accettato la proposta di accordo mediata dall'Egitto martedì pomeriggio, al culmine di sette settimane di brutale e sanguinosa offensiva.

Come si è arrivati a questo punto? Breve cronologia del conflitto

30 giugno - I corpi di tre ragazzi israeliani rapiti il 12 dello stesso mese vengono ritrovati privi di vita. Tel Aviv accusa Hamas del sequestro e dell'uccisione.
2 luglio - Presunta vendetta per quest'ultimo episodio, dopo la denuncia di scomparsa il cadavere di un giovane palestinese di 16 anni viene ritrovato fuori Gerusalemme, in un bosco. Secondo l'autopsia, è stato bruciato vivo.
8 luglio - Israele lancia l'operazione "Protective Edge" ("Margine Protettivo") sulla Striscia di Gaza, con l'obiettivo dichiarato di disarmare e quindi sconfiggere Hamas, principale gruppo militante palestinese.
17 luglio - A cinque anni da "Piombo Fuso", Tel Aviv torna con truppe dell'IDF di terra a combattere nei territori palestinesi. L'obiettivo, a questo punto, diventa la distruzione dei tunnel sotterranei scavati e utilizzati da Hamas per raggiungere aree israeliane dalla Striscia di Gaza.
1 agosto - Mentre il numero di morti e feriti continua a salire, soprattutto tra i civili palestinesi - il 3 agosto, dopo l'ennesimo raid aereo su una scuola nella Striscia gestita dall'ONU, Ban Ki-moon parla di "atto criminale" -, un primo tentativo di tregua concordata fallisce miseramente. Le ore successive al termine del cessate il fuoco si rivelano particolarmente brutali.
5 agosto - Dopo aver dato il via ad un cessate il fuoco di tre giorni - che terminerà l'8 agosto in seguito all'incapacità delle diplomazie al Cairo di raggiungere un accordo -, l'Esercito d'Israele si ritira dalla Striscia di Gaza.
11 agosto - Una nuova pace temporanea, sempre di 72 ore, viene concordata. In un primo momento sembrava essere la fine delle ostilità, visti i continui prolungamenti del cessate il fuoco.
19 agosto - Nonostante si sia arrivati a 9 giorni senza razzi o raid, la tregua termina con un nulla di fatto e le rispettive offensive riprendono le loro azioni.
Dal 21 alla tregua "di lungo periodo" - Inizialmente, il fallimento dell'ennesimo cessate il fuoco appare come l'inizio della fine. Nel giro di pochi giorni sui territori d'Israele piovono razzi, mentre l'IDF continua con i raid sulla Striscia di Gaza uccidendo, a suo dire, alcuni leader di Hamas. Il 22 agosto un bambino israeliano, l'unico durante tutto il conflitto, resta ucciso. Tel Aviv minaccia il gruppo che "pagherà caro questo attacco". Intanto, come riportato dalle agenzie internazionali, Hamas fa giustiziare 18 persone, accusate di collaborazionismo. Il 25 agosto, quanto tutto sembrava perduto, l'Egitto torna a mediare un tentativo di tregua che viene poi raggiunto, e confermato, martedì 26 agosto.
51 giorni, tanto è durato il round del 2014 del conflitto.

Quante persone sono morte? Tutti i numeri della crisi israelo-palestinese

Sul fronte palestinese, i morti sarebbero poco più di 2100. Di questi, secondo i dati diffusi dalle Nazioni Unite, all'incirca 500 sarebbero bambini. I feriti, tra gravi e meno gravi, sono almeno 11 mila. Sempre stando all'ONU, durante l'offensiva, sono oltre 20 mila le case distrutte e completamente rase al suolo in territorio palestinese.

Per quanto riguarda Israele, al contrario, la conta dei morti si è fermata a 69 persone. Di queste, la maggior parte ( 64 per l'esattezza) sono soldati - mai un numero così alto di perdite per l'IDF dalla seconda guerra con il Libano -, mentre i civili, compreso il bambino ucciso il 22 agosto e un lavoratore di origini thailandesi, sono 5.
Secondo fonti palestinesi, le settimane di conflitto hanno portato a danni nella Striscia di Gaza per 6 miliardi di dollari, cifra eccedente di un miliardo rispetto ai 5 fatti arrivare nei territori palestinesi dopo il conflitto del 2008-2009. La fragile economia, già di per se allo stremo, subirà inoltre gravi danni dalle macerie della guerra, tra cui la distruzione di almeno 250 fabbriche completamente andate distrutte durante i combattimenti.
Stando a quanto scrive il Jerusalem Post, basandosi sui dati forniti dall'IDF, verso i territori israeliani sono stati lanciati 4564 tra razzi e colpi di mortaio, molti dei quali intercettati dal sistema Iron Dome. Dal canto suo l'Esercito di Tel Aviv ha reso noto di aver colpito 5226 obiettivi, distrutto tutti i tunnel sotterranei di Hamas e di aver richiamato 82201 riservisti.

Cosa prevede la tregua "di lungo periodo"? Tutti i punti della 'pace' tra Israele e Palestina

L'accordo, raggiunto con la mediazione egiziana, si compone di due parti: una che è entrata in vigore nell'immediato, un'altra che sarà discussa nei prossimi mesi - a patto, ovviamente, che la prima parte venga rispettata da Israele e Hamas.

   1. Stop delle operazioni militari da entrambe le parti;
   2. Apertura dei valichi verso Gaza, anche quello di Rafah da parte egiziana, per consentire l'arrivo di convogli umanitari e materiali utili alla ricostruzione;
   3. Riduzione della cosiddetta "zona cuscinetto" tra Gaza e Tel Aviv dagli attuali 300 a 100 metri dal confine, mentre Israele dovrà concedere un'estensione della zona di pesca dalle attuali 3 a 6 miglia dalla costa;
   4. Assunzione di impegno dell'Autorità Palestinese a controllare i valichi e le frontiere, impedendo che la riapertura possa essere sfruttata da Hamas per far giungere all'interno della Striscia di Gaza altre munizioni o armi.
Punti secondari della tregua (questi saranno discussi, nel caso tutto prosegua senza tensioni o intoppi, tra un mese, ancora una volta con la mediazione dell'Egitto):
   1. Costruzione di un porto e di un piccolo aeroporto locale a Gaza City;
   2. Rilascio dei prigionieri palestinesi - di lungo o breve periodo - detenuti nelle carceri israeliane e restituzione, da parte di Hamas, dei corpi senza vita dei soldati dell'IDF rimasti uccisi durante il conflitto;
   3. Demilitarizzazione della Striscia di Gaza.

Vincitori e vinti

All'indomani dell'entrata in vigore della tregua "di lungo periodo", tanto Israele quanto Hamas cantano vittoria. Ma dopo 51 giorni di conflitto e più di 2 mila morti totali, stabilire chi abbia effettivamente 'vinto' non è certo facile. Ciò che è invece risulta piuttosto evidente è chi ha perso, su tutta la linea: i civili, tanto palestinesi quanto israeliani. Tantissime persone hanno dovuto per intere settimane vivere nella paura, nel terrore che una telefonata o il suono di una sirena d'allarme sarebbero stati gli ultimi suoni che avrebbero sentito. A tanti, troppi, il futuro è stato strappato dalle mani, tra case rase al suolo e prospettive annullate. Inoltre, la sconfitta totale dei civili risiede anche nell'odio reciproco tra due popoli alimentati con la rabbia, con l'odio verso 'l'altro', sicuramente aumentato a dismisura, come purtroppo è prassi, durante il conflitto.

Sicuramente le vittorie di Tel Aviv in ambito militare non vanno trascurate, soprattutto in termini difensivi. Stando ad alcune stime, mai come quest'anno Iron Dome è riuscito ad intercettare ogni tipo di minaccia, facendo abbassare notevolmente la media di feriti per numero di razzi lanciati. Anche a livello di dispiegamento di forze, Israele non ha certo concorrenti nelle ostilità a Gaza. Secondo quanto riferito dal premier Netanyahu, inoltre, tutti i tunnel sotterranei di Hamas sono stati distrutti (qui bisogna obbligatoriamente fidarsi, visto che nessun organo esterno ha potuto confermare questo fatto), ed è indubbio che la stessa organizzazione abbia tutto sommato sofferto il pressing sia aereo che terreno dell'IDF.

Tuttavia, alcuni distinguo fanno fatti. Innanzitutto, Israele non ha portato a termine - e difficilmente mai lo farà - il suo primario obiettivo di disarmare e sconfiggere in toto Hamas. Del resto, quest'ultima, sembra aver sbugiardato l'assunto israeliano che tutti i tunnel sotterranei sono ormai distrutti, ma questo fa parte del gioco di forza e dei continui braccio di ferro tra le parti. In secondo luogo, almeno sulla carta, i punti della tregua sorridono certamente più alla Palestina che non ad Israele. In tal senso, se il primo step prevede il termine di ogni azione militare - quindi anche quella di Hamas verso Tel Aviv -, gli altri vanno dall'apertura dei valichi alla riduzione della "zona cuscinetto", fino all'aumento delle miglia dalla costa autorizzate alla pesca.
Hamas   
Il gruppo, inneggiato nella Striscia dove sicuramente in queste settimane avrà guadagnato più consensi - ma anche il malcontento di tanta distruzione, nonostante la tregua, non va trascurato -, sembra essere ad un primo sguardo il vincitore di questo round di conflitto. Nonostante i mezzi decisamente più scarsi rispetto a quelli israeliani, il fatto stesso che sia resistito ad ogni tentativo dell'IDF di minarne le fondamenta lo pone infatti in primo piano rispetto a Tel Aviv.

Eppure, anche in questo caso i puntini sulle i non mancano. Per prima cosa, non va dimenticato che nonostante tutto la sfida più grande per Hamas comincia adesso. La vittoria per il momento è casomai solo sulla carta, soprattutto perché le richieste vere e proprie - come il porto e l'aeroporto a Gaza City - fanno parte della seconda fase dell'accordo. In questo senso Hamas dovrà dimostrare di essere in grado, nelle prossime settimane, di non essere una spina nel fianco solo 'militare' per Israele, ma soprattutto politica. Il rischio che la tregua salti a causa di un eccessivo nervosismo è tanta, così come le pressioni su Hamas che presumibilmente non vuole perdere l'appoggio né dei moderati - coloro che in questa fase del conflitto hanno visto nel gruppo l'unica forza in grado di rispondere con le armi e con la 'diplomazia' a Tel Aviv - né tanto meno dei più estremi nemici di Israele e delle sue politiche.  

(International Business Times)

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