mercoledì 4 giugno 2014

Siria, la farsa elettorale rafforza Assad...





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I risultati, seppur inquinati, mettono in soffitta le residue ambizioni di rovesciamento manu militari di Bashar. A favore di una mediazione politica che vedrebbe il dittatore in posizione dominante.

Risultato scontato per Bashar al Assad, presidente per altri sette anni, mentre la guerra continua e le micidiali barrel bombs continuano a seminare morte e terrore a Homs, Hama, Daraa, Idlib e Aleppo.
Non pago della schiacciante superiorità della sua macchina bellica Bashar ha voluto aggiungere anche il suggello politico del votoorganizzandolo in modo da massimizzare il consenso e minimizzare il dissenso: riducendolo alle zone sotto il suo controllo e imponendo regole tali da escludere di fatto il voto dei dissenzienti, in patria e all’estero.
Non ha potuto impedire le manifestazioni anti-regime svoltesi davanti a molte delle 43 ambasciate nelle quali si sono organizzati i seggi elettorali, ma questo è stato un dettaglio per lui trascurabile.
LA BOCCIATURA DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE. Gran parte della comunità internazionale, da quella occidentale al mondo arabo, con l’eccezione scontata di Russia, Iran, Cina e pochi altri, ha bocciato senz'appello questo simulacro di esercizio elettorale che Bashar ha voluto millantare come «libero e democratico» continuando a denunciare l’azione destabilizzante di forze criminali e terroristiche al soldo di stati canaglia.
ASSAD, IL CONSENSO TRA MINORANZE ETNICHE. Dal segretario Ban Ki-moon al ministro degli esteri francese Fabius, dal segretario di Stato americano Kerry a Rasmussen, segretario generale della Nato, è stata tutta una catena di radicali condanne di queste elezioni che se non avessero il terribile sfondo della guerra potrebbero apparire specchio di una rappresentazione surreale; la cui assurdità non si attenua per il fatto che Bashar possa vantare un certo consenso popolare, anche tra le minoranze etniche e religiose del Paese. Perché la guerra è stata ed è teatro di nefandezze anche da parte delle forze di opposizione, estremistiche e non.
RISULTATO DA NON SOTTOVALUTARE. Insomma, quella del 2 giugno è stata un'elezione «vergognosa». Non vi può essere liberatoria. Ma, attenzione: quell’elezione non solo è avvenuta e non la si può liquidare come inesistente. È stata anche una «importante» elezione vergognosa come ha giustamente, a mio giudizio, osservato qualche analista.

La colpevole inerzia dell'Occidente

Ha dato uno schiaffo sprezzante a una comunità internazionale sulla quale pesa la colpevole inerzia di fronte all’immane tragedia che si stava perpetrando in quel Paese, mentre il bilancio dei morti e degli sfollati continuava a crescere a ritmi inverecondi. E la comunità se lo è preso denunciando tutta la sua impotenza.
È importante perchè l’essere riuscito, Bashar al Assad, a far svolgere comunque le elezioni, con la sua annunciata candidatura – cosa che fino a poco tempo addietro molti ritenevano un’assurda ipotesi di lavoro - senza che le forze di opposizioni siano arrivate a disturbarle seriamente, ha rappresentato una dimostrazione di forza (corredata dall’emblematica immagine di tranquillità e di eleganza della coppia Bashar-Asma al seggio) che sarebbe ingenuo o velleitario sottovalutare.
OPPOSITORI FRUSTRATI DA MESI DI LOTTA E LUTTI. Lo è stata certamente per i suoi sostenitori e assai probabilmente per quanti, penso molti, aspirano solo alla possibilità del ritorno a una normalità di lavoro e di vita. Ma vi è da chiedersi che effetto stia producendo anche su una parte degli oppositori, in particolari di quelli, in comprensibile crescita, frustrati da troppi mesi di lotta e di lutti e che si vedono nell’incapacità di resistere al ritorno delle forze di Bashar anche in zone che le opposizioni erano riuscite a mettere sotto il loro controllo.
UNA PROVA DI LEADERSHIP. La psicologia in guerra conta molto e queste elezioni non erano sulla 'democrazia'; sono state una prova di 'leadership', di affermazione del più forte, di riconoscimento di Bashar quale rais, cioè colui al quale dovere ossequio.
Ed è significativo che proprio nelle settimane precedenti le elezioni, e a maggior ragione lo sarà adesso, gli osservatori sul posto abbiano raccolto testimonianze crescenti non solo di una diffusa frustrazione ma anche di incipienti e significative lamentazioni serpeggianti tra gli attivisti, soprattutto quelli della prima ora, circa il fatto che il passaggio dall’opposizione civile a quella militare sia stato un  'fatale errore'. Tanto più perché non risulta ormai più suscettibile di portare ad uno sbocco vittorioso mentre sembra offrire brodo di coltura all’estremismo jihadista e alqaedano e al separatismo etnico. Meglio dunque cambiare strategia.

Quando la sorte del dittatore era appesa a un filo

Sembra essere passata un'eternità dal 'momento' in cui, secondo alcuni, la sorte di Bashar appariva legata a un fragile filo che l'Occidente avrebbe potuto agevolmente recidere se solo avesse voluto. Ma forse non è mai stato così o forse la non disponibilità a ripetere l'opzione militare applicata alla Libia unita alla consapevolezza della forza militare del regime di Bashar e al timore di una frattura internazionale (con Russia e Cina) dalle conseguenze imprevedibili, hanno propiziato la devastante frammentazione conflittuale cui assistiamo adesso. Sulle macerie di due riunioni multilaterali a Ginevra, di una polarizzazione internazionale che le vicende ucraine non aiutano a mitigare, di una battaglia settaria che si va incancrenendo. E di una straordinaria tragedia umanitaria.
SI APRE UN NUOVO CAPITOLO. Su questo sfondo si colloca l’apertura di un nuovo capitolo e forse una possibile svolta. Viene dall’annuncio di Obama di voler far compiere un salto di qualità al sostegno alle forze di opposizione moderate (quelle che offrono «la migliore alternativa sia agli estremisti islamici che al brutale dittatore (Bashar)», ha dichiarato) e ai Paesi che stanno aiutando i rifugiati  e si misurano con i terroristi che passano i confini con la Siria. Ma non è l’annuncio mirato al rilancio dell’opposizione armata anti-Assad che anzi sembra ormai archiviato. L’obiettivo è la lotta contro il terrorismo e a favore dell’aiuto umanitario. Se è effettivamente così è un cambio di passo notevole.
BASHAR ORA È PIÙ FORTE. Conforterebbe quest’interpretazione il fatto che nella loro ultima trasferta a Washington gli stessi leader della Coalizione nazionale di opposizione abbiano rinunciato a sperare nella fornitura di armi letali che pure hanno continuato a richiedere e abbiano soprattutto cercato di accreditarsi quali “interlocutori necessari” nella lotta al terrorismo in terra siriana.
In quest’ottica, da verificare nell’immediato futuro, l’elezione “farsa” rischia davvero di mettere in soffitta le residue ambizioni di rovesciamento manu militari di Bashar a favore di una mediazione politica che lo vedrebbe inevitabilmente in posizione di relativa forza. Mentre si alzerebbe il livello di conflitto con l’estremismo-terrorismo islamico. 
Mercoledì, 04 Giugno 2014
(Lettera 43)

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