Oggi, 26 giugno, si celebra la Giornata Internazionale a Sostegno delle Vittime di Tortura, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1997 per celebrare due date fondamentali: il 26 giugno 1948, giorno in cui fu siglata la Carta delle Nazioni Unite, primo strumento internazionale contenente l’obbligo per gli Stati di promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti umani e il 26 giugno 1984, data di entrata in vigore della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, che ha sancito il divieto all’utilizzo della tortura quale diritto inderogabile; accordo ad oggi firmato da 146 paesi membri dell’ONU.
Nonostante la Convenzione, ancora metà della popolazione mondiale vive sotto Governi che praticano la tortura contro oppositori politici, omosessuali, appartenenti a determinati gruppi etnici o per strappare confessioni e testimonianze, ma, anche senza andar troppo lontano, il caso italiano è indicativo di quanta strada ci sia ancora da fare in materia.
Nel 1987 è entrata in vigore la Convenzione europea per la prevenzione della tortura, ratificata da 47 Stati europei. L’Italia l’ha sottoscritta, ma nonostante ripetuti solleciti anche a livello internazionale, il Parlamento italiano non ha ancora approvato la legge di ratifica così che la Convenzione non è ancora operante in Italia, che ha anche sinora disatteso all’obbligo assunto di introdurre il reato di tortura nel Codice Penale. “L’Italia è in ritardo di ben venticinque anni rispetto agli obblighi che ha assunto con le Nazioni Unite – ha dichiarato Patrizio Gonnella, Presidente dell’associazione Antigone – Quasi tutte le democrazie si sono adeguate, l’Italia no. L’Italia non ha ancora il delitto di tortura nel codice penale. Tutto ciò ci pone ai margini della comunità internazionale. In autunno saremo giudicati dal Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu e questo sarà un tema decisivo”.

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