La storia di Yam, mamma 32enne, in attesa di proseguire la sua fuga dalla Siria verso la Germania. Lei è uno dei 200 profughi giunti ieri a Milano
di Enrico Fovanna
Milano, 21 giugno 2014 - «Ci abbiamo messo tre giorni ad arrivare a Milano. No, non sappiamo dove andare, in Germania comunque, ma non ci aspetta nessuno, chiederemo asilo politico. Avete una città da consigliarci?». Yam ha 32 anni, il foulard in testa e due bambine in braccio, due piccole valigie a terra, accanto a lei altri bambini e qualche ragazza. Siede sul marmo della Centrale ed è uno dei 200 profughi arrivati ieri. Non conosce l’inglese e a tradurre la sua storia è Sumaya, una volontaria del Comitato Emergenza profughi, che tutti i giorni va alla stazione a dare una mano.
Yam non piange. Guarda negli occhi senza titubanze, ha le idee chiare. «Mio marito e i miei figli - continua - sono rimasti in Egitto, dove siamo arrivati da Damasco all’inizio della guerra. Noi donne con le ragazze ora siamo scappate, perché la situazione è diventata instabile. Sono aumentati gli stupri sulle bambine e questo è il motivo principale per cui abbiamo lasciato il Paese. L’unico motivo per cui siamo in Europa è perché vogliamo che i nostri figli possano vivere in sicurezza e studiare». Attorno, dopo l’arrivo di una nuova ondata di profughi alle 15.45, si è formata la coda al banco del Comune, che i volontari di Progetto Arca mantengono ordinata.
Il primo a registrarsi, perché lo hanno fatto passare, è un padre con la figlioletta in braccio. Avrà quattro o cinque anni e un ginocchio è ingessato. Qualcuno le porta un succo di frutta in cartone con la cannuccia e un gioco. Lei sorride e ringrazia.
In meno di un’ora, uno dopo l’altro, grazie ai volontari e gli addetti del Comune, i profughi e le loro famiglie hanno un tagliando che consentirà loro di passare la notte, in attesa di prendere un treno verso la Germania. «Il biglietto? - sorride Yam - Ce lo siamo pagate noi, certo. Nessuno di noi ha chiesto soldi allo Stato italiano. Piuttosto c’è qualcuno che ha pagato anche 7-800 euro ai trafficanti per salire qui». Il viaggio verso Nord si è spostato da qualche giorno a ovest. L’Austria ha chiuso del tutto le frontiere, mentre la Germania le ha aperte per diecimila posti. Per questo, la meta oggi è obbligata.
Intanto, nella Giornata mondiale del Rifugiato, a pochi metri si raccolgono pannolini, salviette umidificate, omogeneizzati, acqua e succhi. C’è un numero impressionante di bambini, infatti, e sono loro a intercettare gli sguardi dei pendolari, che corrono anche sulle scale mobili. Qualcuno arresta la sua corsa, va a comprare acqua, biscotti o caramelle e le porta ai piccoli. Una bimba, con i capelli raccolti dalla mamma, scorazza felice, con un album di Peppa Pig tra le mani. La globalizzazione, per l’infanzia, non è soltanto Coca Cola.
(QN)

Nessun commento:
Posta un commento