A redigerlo il dipartimento della comunicazione dell’Isis, il movimento sunnita che sta imponendo la violenza sia in Siria che in Iraq
di Guido Olimpio
WASHINGTON - Un rapporto di 400 pagine, con tabelle, analisi, numeri. Un o studio documentato per illustrare e spiegare la propria attività dal novembre 2012 a quello dell’anno dopo. A redigerlo il dipartimento della comunicazione dell’Isis, il movimento sunnita impostosi all’attenzione tanto in Siria che in Iraq. Cifre che ovviamente non è possibile verificare con certezza ma che sembrano avvicinarsi molto alla realtà..
Più di 1000 omicidi in un anno
Limitiamoci al «bilancio» del 2013. Omicidi: 1083. Attacchi armati: 336. Attacchi con ordigni: 4465. Azioni con i cecchini: 57. Autobombe: 537. Auto-bombe condotte da kamikaze: 73. Kamikaze con fascia esplosiva: 160. Moto-bombe: 14. Omicidi con pugnale: zero. Prigionieri liberati: centinaia. Totale delle operazioni: 9540. L’Isis - secondo il suo studio - ha concentrato la propria azione nella provincia di Ninive (oltre il 32 per cento degli attacchi). E’ la regione di Mosul ed è sempre stata un’area dove gli estremisti sunniti hanno operato con successo.
Le forze in campo: dai 10 ai 15 mila uomini
Scremato della propaganda il report è un’indicazione interessante sulle capacità militari. L’organizzazione, lavorando con pazienza, ha messo in piedi una forza di circa 15 mila uomini (altre stime indicano 8-10 mila unità), molto agile, in grado di combinare le classiche tattiche del terrore con quelle guerrigliere. L’interrogativo degli esperti è se il gruppo sarà capace di “tenere” il territorio e se non nasceranno contrasti con le altre componenti della resistenza sunnita. L’Isis è solo una parte di un fronte ampio.
La «cassa»
Non meno importante le rete autonoma di finanziamento costituito dalla vendita di benzina proveniente da un paio di raffineria in Siria, dalle tasse rivoluzionare imposte nelle zone di influenza, dalle estorsioni, dai riscatti per gli ostaggi e, ovviamente, da aiuti ricevuti da figure/associazioni presenti in Qatar, Kuwait e Arabia Saudita. Dopo la conquista di Mosul gli estremisti sarebbero riusciti anche impadronirsi di circa 450 milioni di dollari custoditi nelle banche locali. Il denaro dunque non manca ai fautori del Califfato e l’Isis potrebbe persino prestarlo ai rivali di al Qaeda.
(Corriere della Sera Esteri)

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