Lottano per la «nuova Repubblica dei minatori». E per l'indipendenza. Chi sono le donne soldato filorusse.
CONFLITTO
Si erano viste in Siria, in prima linea tra i ribelli con i kalashnikov al braccio e anche ai posti di blocco dell'esercito, quando il presidente Bashar al Assad era a corto di soldati, nel momento più duro della guerra.
Anche in Ucraina, ormai fronte aperto con centinaia di morti quotidiani, le donne sono scese in trincea. Tra i filorussi delle roccaforti separatiste le unità ucraine hanno sferrato una violenta «operazione anti-terrorismo» per riprendere il controllo del territorio.
MILIZIANE FILORUSSE. Tra i battaglioni che combattono la loro guerra di posizione contro Kiev, nell'hinterland di Lugansk, ce ne sono anche di femminili. Le miliziane hanno eretto fortificazioni con copertoni e sacchi di sabbia e occupano fette di territorio dell'Ucraina orientale.
Ai posti di blocco tra Lugansk e Donetsk si riconoscono per le ballerine ai piedi che stridono con l'uniforme mimetica. E per le unghie smaltate appoggiate sulla canna dei fucili automatici.
Le guerrigliere si sentono a loro agio. Nella Russia che vogliono come patria, le eroine dell'Armata rossa hanno avuto oneri e onori.
CHECK POINT ROSA. Dopo il crollo dell'Urss, il numero di donne dell'esercito è sceso, in Ucraina come tra i cugini russi. Ma l'idea di donna-soldato è rimasta presente anche nei ruoli di comando. Parità, si chiama. Così chi gira a Krasnyi Luch, 90 mila abitanti nell'oblast (provincia) di Lugansk, incontra barricate e check-point presidiati anche da ragazze.
Anche in Ucraina, ormai fronte aperto con centinaia di morti quotidiani, le donne sono scese in trincea. Tra i filorussi delle roccaforti separatiste le unità ucraine hanno sferrato una violenta «operazione anti-terrorismo» per riprendere il controllo del territorio.
MILIZIANE FILORUSSE. Tra i battaglioni che combattono la loro guerra di posizione contro Kiev, nell'hinterland di Lugansk, ce ne sono anche di femminili. Le miliziane hanno eretto fortificazioni con copertoni e sacchi di sabbia e occupano fette di territorio dell'Ucraina orientale.
Ai posti di blocco tra Lugansk e Donetsk si riconoscono per le ballerine ai piedi che stridono con l'uniforme mimetica. E per le unghie smaltate appoggiate sulla canna dei fucili automatici.
Le guerrigliere si sentono a loro agio. Nella Russia che vogliono come patria, le eroine dell'Armata rossa hanno avuto oneri e onori.
CHECK POINT ROSA. Dopo il crollo dell'Urss, il numero di donne dell'esercito è sceso, in Ucraina come tra i cugini russi. Ma l'idea di donna-soldato è rimasta presente anche nei ruoli di comando. Parità, si chiama. Così chi gira a Krasnyi Luch, 90 mila abitanti nell'oblast (provincia) di Lugansk, incontra barricate e check-point presidiati anche da ragazze.
Il battaglione di Krasnyi Luch
Così è normale vedere spuntare dai posti di blocco miliziane che imbracciano Ak-47. D'altra parte c'erano donne anche nel servizio d'ordine degli EuroMaidan e tra le squadre dell'estrema destra di Pravi Sektor, quando a Kiev fu rovesciato l'ex presidente Viktor Yanukovich.
Gli uomini si sono aggiunti dopo, 25 combattenti affiancano le 25 fondatrici del battaglione rosa che difende la cittadina «dall'aggressione di Kiev».
Mariti e fratelli sono a Sloviansk, la roccaforte dei separatisti dove «c'è l'inferno». Moglie e sorelle «pregano Dio per loro» e «fanno quello che, adesso, deve essere fatto».
CENTINAIA DI MORTI A EST. A Krasnyi Luch, il primo battaglione femminile è nato ad aprile, da sei donne «senza fucili, sigle, né uniformi, per aiutare gli uomini al fronte». «Se loro ci proteggono, anche noi dobbiamo dargli una mano», racconta Yelena, che a 38 anni è una delle prime reclute.
Sua figlia, 18enne, studia informatica e «non deve mettere piede ai check point». Suo fratello è corso in soccorso ai filorussi nel Donetsk. Lei ha scelto di restare a casa e proteggerla. Dopo due mesi, il battaglione di donne è cresciuto rapidamente, diventando la forza di difesa della città.
LA LINEA ROSSA DI LUGANSK. L'arruolamento è aperto, nuove combattenti sono benvenute e uomini pure.
Più che mai adesso, che l'operazione delle forze speciali ucraine nell'Est è ripartita dopo il voto del 25 maggio, e civili e miliziani sono rimasti sul campo: quasi 500 morti (300 nelle ultime 24 ore), dal bilancio ufficiale di Kiev, e circa 800 di feriti tra filorussi e truppe regolari.
Anche se la situazione è abbastanza calma a Krasnyi Luch, che in russo significa «linea rossa», la cittadina è a metà strada tra Donetsk e Lugansk. Ed è un po' più riparata (circa due ore di macchina) da Sloviansk, l'epicentro delle battaglie e della rivolta.
Gli uomini si sono aggiunti dopo, 25 combattenti affiancano le 25 fondatrici del battaglione rosa che difende la cittadina «dall'aggressione di Kiev».
Mariti e fratelli sono a Sloviansk, la roccaforte dei separatisti dove «c'è l'inferno». Moglie e sorelle «pregano Dio per loro» e «fanno quello che, adesso, deve essere fatto».
CENTINAIA DI MORTI A EST. A Krasnyi Luch, il primo battaglione femminile è nato ad aprile, da sei donne «senza fucili, sigle, né uniformi, per aiutare gli uomini al fronte». «Se loro ci proteggono, anche noi dobbiamo dargli una mano», racconta Yelena, che a 38 anni è una delle prime reclute.
Sua figlia, 18enne, studia informatica e «non deve mettere piede ai check point». Suo fratello è corso in soccorso ai filorussi nel Donetsk. Lei ha scelto di restare a casa e proteggerla. Dopo due mesi, il battaglione di donne è cresciuto rapidamente, diventando la forza di difesa della città.
LA LINEA ROSSA DI LUGANSK. L'arruolamento è aperto, nuove combattenti sono benvenute e uomini pure.
Più che mai adesso, che l'operazione delle forze speciali ucraine nell'Est è ripartita dopo il voto del 25 maggio, e civili e miliziani sono rimasti sul campo: quasi 500 morti (300 nelle ultime 24 ore), dal bilancio ufficiale di Kiev, e circa 800 di feriti tra filorussi e truppe regolari.
Anche se la situazione è abbastanza calma a Krasnyi Luch, che in russo significa «linea rossa», la cittadina è a metà strada tra Donetsk e Lugansk. Ed è un po' più riparata (circa due ore di macchina) da Sloviansk, l'epicentro delle battaglie e della rivolta.
Dalle miniere alla trincea per la “Repubblica dei minatori”
Nell'Est, le donne del Donbass, il bacino del carbone, non si spaventano davanti ai lavori duri.
Prima di imbracciare le armi, Yelena aveva lavorato tra i minatori e nei cantieri edili. Come Olesya, che guida il battaglione impartendo ordini. Se «ci sarà da sparare, sparerò», racconta agli inviati di Al Jazeera. Potendo, tornerebbe al suo ultimo lavoro da negoziante, «non si addice a una donna andare in giro con i fucili d'assalto». Ma «c'è da difendere la città e resteremo con la nostra gente di Krasnyi Luch. Non li faremo mai entrare», aggiunge.
SMALTO E KALASHNIKOV. Le miliziane si battono per l'autoproclamata Repubblica di Lugansk. Non dicono da dove sono arrivate armi e divise e non pronunciano mai nemmeno il nome della grande madre Russia, anche se a emittenti del Cremlino come Ntv Russiaraccontano di essere state addestrate da ufficiali professionisti. Parlano di politica e pensano a un futuro con le loro famiglie in una terra «indipendente».
«VIA GLI OLIGARCHI». L'Ucraina non è la loro nazione, non si riconoscono nel neo presidente Petro Poroshenko. Il re del cioccolato che ha vinto le elezioni è solo un altro oligarca. «Tra i nostri politici non vedo leader uomini né donne», dice una di loro, «ma solo oligarchi dopo oligarchi. Non volevamo questa guerra e non abbiamo portato questo governo al potere».
Per le donne della linea rossa del Donbass non c'è un'Ucraina di Yulia Timoshenko, ex zarina del gas, da proteggere. Ma una «nuova repubblica dei minatori» da costruire.
Prima di imbracciare le armi, Yelena aveva lavorato tra i minatori e nei cantieri edili. Come Olesya, che guida il battaglione impartendo ordini. Se «ci sarà da sparare, sparerò», racconta agli inviati di Al Jazeera. Potendo, tornerebbe al suo ultimo lavoro da negoziante, «non si addice a una donna andare in giro con i fucili d'assalto». Ma «c'è da difendere la città e resteremo con la nostra gente di Krasnyi Luch. Non li faremo mai entrare», aggiunge.
SMALTO E KALASHNIKOV. Le miliziane si battono per l'autoproclamata Repubblica di Lugansk. Non dicono da dove sono arrivate armi e divise e non pronunciano mai nemmeno il nome della grande madre Russia, anche se a emittenti del Cremlino come Ntv Russiaraccontano di essere state addestrate da ufficiali professionisti. Parlano di politica e pensano a un futuro con le loro famiglie in una terra «indipendente».
«VIA GLI OLIGARCHI». L'Ucraina non è la loro nazione, non si riconoscono nel neo presidente Petro Poroshenko. Il re del cioccolato che ha vinto le elezioni è solo un altro oligarca. «Tra i nostri politici non vedo leader uomini né donne», dice una di loro, «ma solo oligarchi dopo oligarchi. Non volevamo questa guerra e non abbiamo portato questo governo al potere».
Per le donne della linea rossa del Donbass non c'è un'Ucraina di Yulia Timoshenko, ex zarina del gas, da proteggere. Ma una «nuova repubblica dei minatori» da costruire.
(Lettera 43)



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