ISIL mira a riunificare Siria e Iraq, sotto un califfato islamico, ossia a riunire le tre province ottomane di Mossul, Baghdad e Bassora con il territorio della Siria sotto Mandato Francese con l’Accordo Sikes-Picot del 1916. Obiettivo Giordania e Israele, per dare al Califfato Islamico Mondiale – propugnato da al-Qaeda e da OSama bin Laden fin dalla Dichiarazione di Guerra dell’Agosto 1996 – una base statuale di partenza. La Giordania Paese chiave nell’area, anche per motivi dinastici: la famiglia Hashemi, discendente diretta del Profeta Mohammed e dello sceriffo della Mecca, avrebbe l’occasione per proporsi come fattore unificante e pacificante per l’intera area sotto la moderazione intelligente di Abdullah II
Roma – A tre anni dal ritiro delle truppe Usa dall’Iraq, Baghdad si trova ad affrontare la sua peggiore crisi: l’avanzata di città in città dei jihadisti sunniti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL) che da nord si stanno spingendo come un rullo compressore verso Baghdad. Il loro obiettivo è dare vita ad un califfato tra Siria e Iraq, ossia a riunire un territorio che fu separato da Al momento controllano tra il 10 ed il 15% dell’Iraq escludendo il Kurdistan.
Video Reuters
Dopo aver conquistato martedì Mosul, seconda città irachena, dove hanno anche rapito 80 cittadini turchi aprendo un fronte con Ankara, ieri sono entrati a Tikrit, città natale di Saddam Hussein. Combattimenti sono stati riportati anche a Samarra, a soli 110 km a nord di Baghdad. Le forze jihadiste sono anche entrate nella più grande raffineria irachena, quella di Baiji (da 300.000 barili al giorno), vicino a Tikrit. Ma qui, grazie all’intercessione dei capi tribù locali, non avrebbero danneggiato le infrastrutture. Non è però chiaro, al momento, se ne abbiano comunque preso il controllo.
Tuttavia la tv di Stato irachena ha riferito in serata che “i reparti di elite hanno ripulito la città dai terroristi” e ripreso il controllo della sede del governatorato. L’azione dell’ISIL aveva colto di sorpresa le forze di sicurezza e scatenato il panico tra la popolazione. Non è noto se l’azione dei reparti speciali delle forze armate irachene abbiano ricevuto qualche tipo di assistenza – anche il solo supporto di elint, electronic intelligence – da altri Paesi.
Il governo dello sciita Nouri al Maliki, nonostante possa contare sulla carta su forze di oltre 1 milione di uomini il cui addestramento ed equipaggiamento è costato a Washington 25 miliardi di dollari, è stato costretto a chiedere aiuto a tutti. Paradossalmente i più pronti a sostenerlo sono due arcinemici, gli Stati Uniti e l’Iran.
Da Washington il Dipartimento di Stato ha fatto sapere che gli Usa “si aspettano di dover aumentare l’assistenza” al governo iracheno, lo stesso che a fine 2011 non volle garantire l’immunità alle truppe Usa, costringendo la spedizione statunitense a una precipitosa uscita dal Paese, abbandonandolo alle sue deboli forzemilitari.
(Horsemoon Post)

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