mercoledì 30 aprile 2014
Usa, responsabile di torture in Afghanistan trova rifugio...
Il fedelissimo di Karzai, Haji Gulalai, è sbarcato in California. Nonostante accuse di violenze sui prigionieri.
L'Afghanistan è in attesa del ballottaggio destinato a decidere la successione di Hamid Karzai.
Le elezioni dovrebbero essere una prova per la democrazia nel Paese, di cui gli Usa si sono erti - e non da oggi - a garanti. Eppure ci sono tante ombre che incombono sulla missione americana e su quanto lascia dietro di sé.
Una figura che ne riassume le contraddizioni è Haji Gulalai, vicinissimo a Karzai, noto come «il responsabile per le torture» per la sua attività nel servizio diintelligence afghano accusato di una «sistematica» violazione dei diritti umani. Secondo quanto scrive il Washington Post, Gulalai con la famiglia ha ricevuto però l'asilo politico negli Usa, nonostante gli abusi che ha commesso in Afghanistan, e non senza l'aiuto della Cia, che lo nega.
LA FUGA IN CALIFORNIA. I talebani hanno provato a ucciderlo più volte e anche gli ufficiali dell'Onu hanno cercato di farlo fuori dall'intelligence afghana. Senza mai riuscirci, perché il pashtun Gulalai è sempre stato protetto dal presidente Karzai della sua stessa etnia. Ora l'uomo più temuto dai prigionieri afghani risiede in una casetta rosa di due piani nei dintorni di Los Angeles, in California.
È arrivato negli Usa da alcuni anni e ha ricevuto lo status di residente permanente, l'ultimo passo per avere la cittadinanza. Eppure non parla con nessuno, se non con i suoi connazionali che lo circondano negli States. Uno di loro, Bashir Wasifi, che ha frequentato la scuola nella città di Kandahar insieme a Gulalai negli Anni 60, lo difende. «La sua posizione era crudele ed è per questo che ha fatto delle cose crudeli, ma lui non è così».
UOMO CHIAVE DELL'INTELLIGENCE AFGHANA TARGATA CIA. Gulalai, il cui vero nome è Kamal Achakzai, è stato uno degli uomini chiave che la Cia ha utilizzato nel 2001 per prendere il controllo di Kandahar, la roccaforte dei talebani. Dopo l'11 settembre la Cia ha cercato di creare in Afghanistan un servizio di intelligence che protegesse il governo del Paese dai nemici interni e allo stesso tempo rintracciasse i sostenitori di al Qaeda. Così «dal nulla», come racconta un ex ufficiale dell'intelligence americana, è nata la Direzione nazionale della sicurezza afghana (Nds).
Gli afghani arruolati nel servizio di intelligence venivano addestrati dagli agenti della Cia in pensione. Tra gli insegnamenti erano previsti anche dei corsi sulle leggi contro la tortura. Eppure negli stessi anni la Cia stava creando delle prigioni segrete per i sospettati di al Qaeda che venivano lì sottoposti ai trattamenti violenti, compreso il famigerato waterboarding, la tortura dell'acqua.
ABUSI DI POTERE. Lo stesso Gulalai è accusato dalle vittime delle torture di aver commesso atti di straordinaria brutalità. Mentre un altro ufficiale afghano che ha lavorato con la Nds sostiene che abbia abusato della sua posizione per fare i conti con i suoi nemici tribali e per far arricchire il suo clan.
Alle famiglie dei detenuti veniva chiesto un importante riscatto, mentre le armi confiscate finivano direttamente nella casa di Gulalai. Molti afghani, come il governatore 'ombra' di Kandahar, Abdul Wasay, ucciso ad aprile del 2014 dall'esercito del Paese, si sono schiereati con i talebani, a causa delle persecuzioni subite dai loro familiari da parte di Gulalai.
RESPONSABILE DELLE TORTURE. Eppure nel 2005 è stato promosso all'incarico di capo della direzione investigativa della Nds, ricevendo così il controllo sul principale carcere a Kabul. Un promemoria segereto dell'Onu del 2007 ha parlato di «torture sistematiche», indicando Gulalai come il principale responsabile degli abusi. Tra i suoi metodi c'erano pestaggi con un palo fino a far sgorgare il sangue, privazione del sonno per un periodo fino a 13 giorni, sospensione per dei lunghi periodi di detenuti ammanettati al soffitto.
«La nostra missione ha una contraddizione al suo interno», ha commentato Barnett Rubin, professore di New York University, consigliere del Dipartimento di Stato sull'Afghanistan e il Pakistan. Secondo Rubin, dopo il ritiro delle truppe americane dall'Afghanistan, «lasceremo un governo profondamente corrotto e pieno di abusi in un territorio nel quale dei membri di al Qaeda praticamente non ce ne sono»
(Lettera 43)
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