di Marcello Pirovano
Dalla gestione Ue dei flussi alla revisione di Dublino II. Come arginare l'emergenza naufragi. Lampedusa, i morti sono 17.
Mentre il mare restituisce altri corpi l'ultima tragedia del 12 maggio nel canale di Sicilia si è già trasformata in pane per la contesa elettorale.
Il premier Matteo Renzi accusa l'Unione europea di «salvare la banche e lasciar morire i bambini», la Lega Nord strilla e invoca respingimenti, chiusura delle frontiere e blocco delle partenze, agitando lo spauracchio delle malattie infettive in arrivo dal Nord Africa.
Ma la perenne emergenza che si ripropone a ogni naufragio vive di criticità, punti chiave esoluzioni politiche - tra concretezza e demagogia - note da tempo.
A OTTOBRE 2013 IL PEGGIOR DISASTRO. La più grande strage (quasi 400 morti) al largo delle coste di Lampedusa è datata ottobre 2013: cos'è cambiato dal grido di aiuto del sindaco Giusy Nicolini e dall'amara profezia del ministro dell'Interno Angelino Alfano («Episodi come questi si ripeteranno»)?
È stata avviata l'operazione Mare nostrum, missione militare che impiega unità navali ed elicotteri di Marina, guardia di finanza, polizia e carabinieri per salvare la vita dei migranti in balia delle onde.
MILLE MORTI ALL'ANNO. Ma per contrastare un fenomeno che dal 1993 ha inghiottito 1.000 vite umane all'anno è insufficiente. «Riconosciamo tutti che ci sono dei problemi. La situazione così non è sostenibile. Occorre entrare in un'ottica di sistema e ottenere grazie all'Europa una visione internazionale», ha spiegato a Lettera43.it l'ex ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge,ora candidata del Partito democratico all'europarlamento.
A quasi un anno (2013) dalla visita di papa Francesco a Lampedusa quella corona di fiori lanciata in acqua rischia di galleggiare nell'incapacità di trovare una ricetta efficace.
Il premier Matteo Renzi accusa l'Unione europea di «salvare la banche e lasciar morire i bambini», la Lega Nord strilla e invoca respingimenti, chiusura delle frontiere e blocco delle partenze, agitando lo spauracchio delle malattie infettive in arrivo dal Nord Africa.
Ma la perenne emergenza che si ripropone a ogni naufragio vive di criticità, punti chiave esoluzioni politiche - tra concretezza e demagogia - note da tempo.
A OTTOBRE 2013 IL PEGGIOR DISASTRO. La più grande strage (quasi 400 morti) al largo delle coste di Lampedusa è datata ottobre 2013: cos'è cambiato dal grido di aiuto del sindaco Giusy Nicolini e dall'amara profezia del ministro dell'Interno Angelino Alfano («Episodi come questi si ripeteranno»)?
È stata avviata l'operazione Mare nostrum, missione militare che impiega unità navali ed elicotteri di Marina, guardia di finanza, polizia e carabinieri per salvare la vita dei migranti in balia delle onde.
MILLE MORTI ALL'ANNO. Ma per contrastare un fenomeno che dal 1993 ha inghiottito 1.000 vite umane all'anno è insufficiente. «Riconosciamo tutti che ci sono dei problemi. La situazione così non è sostenibile. Occorre entrare in un'ottica di sistema e ottenere grazie all'Europa una visione internazionale», ha spiegato a Lettera43.it l'ex ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge,ora candidata del Partito democratico all'europarlamento.
A quasi un anno (2013) dalla visita di papa Francesco a Lampedusa quella corona di fiori lanciata in acqua rischia di galleggiare nell'incapacità di trovare una ricetta efficace.
1. Gestione comunitaria dei flussi migratori

Di fronte ai viaggi della disperazione esiste una domanda ricorrente: è possibile mettere in campo una strategia di prevenzione? «Da sola l'Italia, come del resto Grecia, Malta e Spagna, non ce la può fare», ha chiarito Kyenge.
FRONTIERE DEL SUD COME SOGLIA DELL'UNIONE. «L'Europa riconosca le frontiere del Sud come soglia di accesso dell'Unione e non di ogni Paese singolo. Da questa concezione cambia il modo di gestire la politica dell'asilo. L'Italia così non sarà più lasciata sola a fronteggiare il problema, ma si metterà in moto una forte cooperazione internazionale».
Per non farsi cogliere impreparati, basta monitorare costanemente le emergenze umanitarie: per l'Agenzia europea Frontex l'esplosione di una guerra (come quella in Libia del 2011) fa riversare nel Mediterraneo un esodo oltre tre volte più grande della normalità post-conflitto.
PRONTA UNA TASK FORCE (MA PER ORA SOLO LEGALE). A Lampedusa una task force di avvocati è pronta a supportare Comune, Guardia costiera e Ong nella tutela dei diritti dei migranti per tutta la stagione di maggior concentrazione degli arrivi: da maggio a ottobre.
FRONTIERE DEL SUD COME SOGLIA DELL'UNIONE. «L'Europa riconosca le frontiere del Sud come soglia di accesso dell'Unione e non di ogni Paese singolo. Da questa concezione cambia il modo di gestire la politica dell'asilo. L'Italia così non sarà più lasciata sola a fronteggiare il problema, ma si metterà in moto una forte cooperazione internazionale».
Per non farsi cogliere impreparati, basta monitorare costanemente le emergenze umanitarie: per l'Agenzia europea Frontex l'esplosione di una guerra (come quella in Libia del 2011) fa riversare nel Mediterraneo un esodo oltre tre volte più grande della normalità post-conflitto.
PRONTA UNA TASK FORCE (MA PER ORA SOLO LEGALE). A Lampedusa una task force di avvocati è pronta a supportare Comune, Guardia costiera e Ong nella tutela dei diritti dei migranti per tutta la stagione di maggior concentrazione degli arrivi: da maggio a ottobre.
2. Ripensare la concessione dei visti e gli accordi di Dublino

- Migranti soccorsi nel Mar Mediterraneo. (Ansa)
La delicata questione dei visti umanitari si ripresenta ciclicamente: un'eventuale concessione di permessi già nel Paese di origine dei migranti come strumento per evitare traffico di esseri umani è stata già discussa a fine 2013, prima di essere rimandata. «Ci sono momenti storici in cui è difficile avere degli interlocutori, come capita adesso con Libia e Siria, per esempio», ha raccontato Kyenge.
L'Italia il primo luglio 2014 eredita dalla Grecia il testimone della presidenza del Consiglio Ue: «L'occasione giusta per presentare una riforma che preveda punti precisi».
DOMANDE DI ASILO SULLE SPALLE DELL'ITALIA. Nel calderone della regolamentazione continentale ci sono anche gli accordi di Dublino II sottoscritti nel 2003 in materia riconoscimento dello status di rifugiato.
L'intesa prevede che lo Stato membro competente all'esame della domanda d'asilo sia quello in cui il richiedente ha messo piede per la prima volta nell'Ue. Cioè molto spesso l'Italia, meta di sbarchi nel Sud dell'Europa.
«Ora sono in discussione le modifiche che porterebbero a un Dublino III, ma 11 anni fa eravamo talmente deboli da non aver capito l'importanza di aprirci al confronto con Bruxelles e Strasburgo», ha attaccato Kyenge. «Pensavamo di poterci chiudere e farci proteggere nelle nostre frontiere. Ma il governo di centrodestra, quello della legge Bossi-Fini, che all'epoca doveva sedersi a quel tavolo non comprese che in gioco c'era l'interesse del nostro Paese nella gestione dei fenomeni migratori».
L'Italia il primo luglio 2014 eredita dalla Grecia il testimone della presidenza del Consiglio Ue: «L'occasione giusta per presentare una riforma che preveda punti precisi».
DOMANDE DI ASILO SULLE SPALLE DELL'ITALIA. Nel calderone della regolamentazione continentale ci sono anche gli accordi di Dublino II sottoscritti nel 2003 in materia riconoscimento dello status di rifugiato.
L'intesa prevede che lo Stato membro competente all'esame della domanda d'asilo sia quello in cui il richiedente ha messo piede per la prima volta nell'Ue. Cioè molto spesso l'Italia, meta di sbarchi nel Sud dell'Europa.
«Ora sono in discussione le modifiche che porterebbero a un Dublino III, ma 11 anni fa eravamo talmente deboli da non aver capito l'importanza di aprirci al confronto con Bruxelles e Strasburgo», ha attaccato Kyenge. «Pensavamo di poterci chiudere e farci proteggere nelle nostre frontiere. Ma il governo di centrodestra, quello della legge Bossi-Fini, che all'epoca doveva sedersi a quel tavolo non comprese che in gioco c'era l'interesse del nostro Paese nella gestione dei fenomeni migratori».
3. Salvare i centri di accoglienza dal collasso semplificando le pratiche

- Un centro di prima accoglienza.
Sul piano tecnico e concreto, altre sono le misure da applicare per rivoluzionare il nostro sistema di accoglienza salvando centri e strutture dal collasso. «È un processo già portato avanti dal governo Letta: servono interventi rapidi», ha commentato l'ex ministro.
BLOCCATI DA ECCESSIVA BUROCRAZIA. «Le procedure di riconoscimento così non funzionano. Perché molti migranti arrivano e non vogliono necessariamente restare in Italia, preferendo altre mete. Ma restano bloccati nei nostri confini per colpa di un'eccessiva burocrazia».
Accorciare i tempi di identificazione è la soluzione: «In Italia per riconoscere uno status di rifugiato servono anche otto mesi o persino un anno. Una persona così è privata della possibilità di gestire il proprio futuro. Ecco perché bisogna andare verso la semplificazione. Altrimenti il meccanismo si inceppa e gli stranieri restano intrappolati nel nostro Paese».
BLOCCATI DA ECCESSIVA BUROCRAZIA. «Le procedure di riconoscimento così non funzionano. Perché molti migranti arrivano e non vogliono necessariamente restare in Italia, preferendo altre mete. Ma restano bloccati nei nostri confini per colpa di un'eccessiva burocrazia».
Accorciare i tempi di identificazione è la soluzione: «In Italia per riconoscere uno status di rifugiato servono anche otto mesi o persino un anno. Una persona così è privata della possibilità di gestire il proprio futuro. Ecco perché bisogna andare verso la semplificazione. Altrimenti il meccanismo si inceppa e gli stranieri restano intrappolati nel nostro Paese».
4. Più risorse per Mare nostrum, che non deve restare un progetto a metà

- Il premier Matteo Renzi e il ministro della Difesa Roberta Pinotti. (Imagoeconomica)
Mare nostrum, sia santificato il tuo nome. Oggi sia a destra sia a sinistra lodano il sistema di interventi che ha «scongiurato la raccolta di decine di migliaia di cadaveri», ha detto per esempio Gaetano Quagliariello del Nuovo centrodestra.
OLTRE 20 MILA PERSONE SALVATE. Ma all'operazione - ostaggiata dal Carroccio - che nei primi sei mesi ha soccorso oltre 20 mila persone manca ancora la fase 2. Quella che prevede una dimensione europea: «Così di certo non è sufficiente», è il giudizio di Kyenge. «È stata un valore aggiunto. Ha fatto capire il significato della vita umana, salvando tantissime persone in mare. E portando all'arresto degli scafisti: più di 200 trafficanti di esseri umani bloccati. Ma se il progetto è a metà significa che il secondo passaggio deve essere quello di andare in Europa per sollecitare una visione internazionale».
COSTA 9 MILIONI DI EURO AL MESE. Questione anche di soldi, ovviamente. Come ha ribadito il ministro della Difesa Roberta Pinotti ad Avvenire: «Si dovrà andare a una rimodulazione delle risorse, che ora vedono destinati a noi solo 12 milioni, mentre Mare nostrum costa 9 milioni al mese»
OLTRE 20 MILA PERSONE SALVATE. Ma all'operazione - ostaggiata dal Carroccio - che nei primi sei mesi ha soccorso oltre 20 mila persone manca ancora la fase 2. Quella che prevede una dimensione europea: «Così di certo non è sufficiente», è il giudizio di Kyenge. «È stata un valore aggiunto. Ha fatto capire il significato della vita umana, salvando tantissime persone in mare. E portando all'arresto degli scafisti: più di 200 trafficanti di esseri umani bloccati. Ma se il progetto è a metà significa che il secondo passaggio deve essere quello di andare in Europa per sollecitare una visione internazionale».
COSTA 9 MILIONI DI EURO AL MESE. Questione anche di soldi, ovviamente. Come ha ribadito il ministro della Difesa Roberta Pinotti ad Avvenire: «Si dovrà andare a una rimodulazione delle risorse, che ora vedono destinati a noi solo 12 milioni, mentre Mare nostrum costa 9 milioni al mese»
(Lettera 43)

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