Ci sono due bare bianche davanti agli altri 15 feretri, una disposizione che sembra voler dire: il Paradiso spetta di diritto prima a questi piccoli innocenti. A Catania è il giorno del dolore, il giorno dei funerali ai migranti che hanno perso la vita nel naufragio tra la Libia e Lampedusa di qualche settimana fa. I loro corpi senza vita arrivarono nel porto del capoluogo etneo dove si è consumato anche il pietoso rito del riconoscimento dei naufraghi che non avevano un nome: c’è un post-it bianco su tutte le bare con un numero e una scritta ‘cadavere non identificato’.

Nella corte del Palazzo delle Cultura si celebrano le esequie che vengono officiate dall’Arcivescovo metropolita di Catania, Salvatore Gristina e dall’Imam etneo Kheit Abdelhafid, presidente della Comunità islamica di Sicilia: un rito multireligioso che testimonia, qualora ce ne fosse la necessità, che davanti alla morte e davanti a Dio o Allah siamo tutti uguali. Gli occhi dei superstiti e dei rappresentati dell’associazioni di volontariato non nascondo un dolore profondo che nemmeno le lacrime riescono a lavare.
“Dobbiamo andare alla radice profonda dei nostri gesti, delle nostre scelte, della nostra umanità – dice mons. Gristina – nel silenzio ci siamo aperti a questo colloquio con Dio a cui chiediamo di accogliere queste vittime e di aiutarci ad essere sempre più fratelli”.
L’imam Kheit Abdelhafid, a testimonianza di quanto ogni barriera si infranga davanti ad una tragedia del genere, per descrivere questo dramma adopera le parole di Papa Francesco che a Lampedusa disse “I morti nel mare sono una spina nel cuore” e oggi il religioso islamico sottolinea il legame fra i migranti arrivati  da lontano e la Sicilia che li ha accolti: “È giunto il momento – dice – di assistere ad un funerale dignitoso per queste persone che non hanno trovato una dignità da vivi”.
Ci sono anche le autorità civili e militari, il sindaco Enzo Bianco affida la sua riflessione citando il filosofo polacco Zygmunt Bauman: “Il viaggiare per sopravvivenza viene condannato e  oggi  la città di Catania rende omaggio a queste uomini, donne e bambini”.
“Questa città nell’agosto dell’ anno scorso – ha detto il primo cittadino di Catania – l’orrore di sei giovani vite spezzate nel tentativo di raggiungere una terra in grado di sfamarli. La Sicilia non è in grado di farlo; ma lo è l’Europa, di cui l’ Isola è l’ultima frontiera, l’Europa dell’assordante silenzio di fronte a questa colossale catastrofe umanitaria che si annuncia, con oltre 800 mila persone sulla costa africana pronte a cercare di attraversare il Mediterraneo”.
“Noi speriamo – ha aggiunto Bianco – che la Sicilia possa diventare davvero la chiave della soluzione di questo angoscioso problema capace di mandare in crisi la coscienza stessa dell’Europa, che davanti a questa bare deve scegliere, e deve farlo oggi, se seppellire con loro anche la nostra coscienza di uomini civilizzati. Il Comune si farà carico anche della tumulazione in un’area centrale, adeguata e dignitosa, del cimitero. E nell’area verrà eretto un piccolo monumento, una scultura in pietra lavica realizzata dall’Accademia di Belle Arti di Catania”.
Durante i funerali, è stato letto il messaggio di cordoglio del sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, che lo scorso 2 maggio era a Catania, quando la nave ‘Grecale’ è arrivata al Porto con il carico di morte e di speranza delle 17 vittime e dei sopravvissuti. 
(Blog sicilia)