Lavorava come freelance, il suo cadavere trovato dai militari francesi.
Il ministro degli Esteri Fabius: «Bisogna fare piena luce sull’episodio»
Il mondo del fotogiornalismo francese piange la prematura scomparsa di uno dei suoi talenti più promettenti, Camille Lepage, 26 anni appena, caduta in un’imboscata di miliziani in Repubblica Centrafricana. La procura di Parigi ha aperto un’inchiesta sull’uccisione della reporter, ritrovata morta ieri nell’ovest.
L’obiettivo degli inquirenti transalpini, come già annunciato ieri dal presidente Francois Hollande, è di «fare piena luce» sull’«assassinio» della giovane fotografa, e individuarne i responsabili. Secondo i primi accertamenti della gendarmeria centrafricana sul luogo del ritrovamento del cadavere, la città di Bouar, nei pressi del confine con il Camerun, la ragazza è stata uccisa in un agguato, mentre si spostava con un gruppo di miliziani del gruppo cristiano anti-balaka, che stava seguendo da almeno una quindicina di giorni per realizzare un reportage.
L’attacco, avvenuto nel villaggio di Gallo lungo la strada che collega Bouar alla frontiera camerunense, sarebbe stato organizzato da un gruppo di ex combattenti di Seleka, milizia ribelle musulmana disciolta all’inizio dell’anno, ma i cui componenti restano in armi in numerose aree del Paese. Vedendosi attaccati, i guerriglieri anti-balaka hanno risposto al fuoco, dando il via a uno scontro che, sempre secondo gli elementi raccolti dalle forze di polizia locali, sarebbe durato oltre mezz’ora e avrebbe fatto «almeno dieci morti», tra cui quattro miliziani cristiani e sei combattenti ex Seleka.
Terminato lo scontro, gli anti-balaka hanno raccolto i cadaveri dei loro caduti, compreso quello della fotografa francese, caricandoli sul veicolo in cui sono poi stati ritrovati, durante un controllo di routine durante un pattugliamento, da una squadra di soldati della forza francese Sangaris, in missione nel Paese dalla fine dell’anno scorso.
I militari, secondo una fonte nella capitale Bangui citata da diversi media d’Oltralpe, conoscevano Camille Lepage e sapevano dei suoi spostamenti in aree pericolose del Paese. «Prendeva dei rischi nel fare il suoi lavoro. Abbiamo anche cercato di attirare la sua attenzione sui pericoli cui andava incontro», spiega la fonte, alludendo forse a un tentativo del contingente francese di recarsi nell’area di Bouar, dove nelle scorse settimane c’erano stati diversi scontri a fuoco mortali. L’agenzia che la rappresentava, Hans Lucas, rifiuta però ogni accusa di spericolatezza: «Non era assolutamente una testa calda, sapeva quello che faceva», ha dichiarato alla stampa la cofondatrice Virginie Terrasse, ricordando che la Lepage viveva da ormai due anni a Juba, capitale del Sud Sudan, e aveva già realizzato diversi reportage nell’area
Intanto, l’Assemblea nazionale francese ha reso omaggio alla fotografa uccisa con un minuto di silenzio in apertura di sessione. Il presidente, Claude Bartolone, ha poi lodato il coraggio dei giornalisti «che spesso mettono la loro vita a rischio per continuare a informarci».
(La Stampa Esteri)

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