giovedì 15 maggio 2014

La donna condannata a morte per aver rifiutato l’Islam...





di Valentina Spotti

- La comunità internazionale si mobilita per Meriam Yeilah Ibrahim, giovane madre del Sudan


Condannata a morte per aver rifiutato l’Islam. È la sentenza emessa dal tribunale di Khartum, in Sudan, che ha riconosciuto colpevole di apostasia Meriam Yeilah Ibrahim, una giovane madre sudanese che ha rinunciato alla religione musulmana dopo aver sposato un uomo cristiano.
Meriam-Yeilah-Ibrahim
CONDANNATA PER AVER SPOSATO UN UOMO CRISTIANO - Meriam ha 27 anni, è incinta di otto mesi e da quanto è stata arrestata ha con sé in carcere il primogenito di 20 mesi. Del caso di Meriam Yeilah Ibrahim si è occupata anche Amesty International ed è il quotidiano locale Sudan Tribune a raccontarne la storia. La giovane è stata accusata di adulterio e arrestata nell’agosto del 2013, dopo che un suo famigliare l’aveva denunciata per via del suo matrimonio con un uomo cristiano del Sud Sudan. Nel Sudan vige la legge islamica, che non permette a una donna musulmana di sposare un uomo non musulmano. I giudici, infatti, non considerano valido il matrimonio di Meriam, e con quel legame la giovane sarebbe diventata adultera.
CONDANNATA ALL’IMPICCAGIONE - Davanti alla corte che l’ha giudicata, Meriam si è professata cristiana e non musulmana: secondo la Sharia, quindi, si è macchiata anche del reato di apostasia, per il quale è stata formalmente accusata lo scorso 11 maggio. I giudici le hanno dato tre giorni di tempo per rinunciare pubblicamente alla sua nuova fede ma Meriam non sarebbe tornata sui suoi passi. «Ti abbiamo dato tre giorni di tempo per rinunciare, ma insisti nel non voler ritornare all’Islam. Ti condanno a morte per impiccagione», ha detto il giudice Abbas Mohammed Al-Khalifa rivolgendosi alla donna con il suo nome musulmano, Adraf Al-Hadi Mohammed Abdullah.

LA PREOCCUPAZIONE DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE - I diplomatici dell’Unione Europea presenti in Sudan hanno riferito di seguire con attenzione il caso della giovane donna, un caso che è in aperta violazione dei diritti umani e della libertà religiosa. «Pur ribadendo il pieno rispetto dell’indipendenza del sistema legale sudanese – si legge in una nota – i rappresentanti dell’Unione Europea sottolineano che la libertà religiosa è uno dei diritti universali dell’uomo che deve essere tutelato ovunque e per chiunque e che il Sudan ha l’obbligo interazionale di garantire». Anche le ambasciate di Stati Uniti, Canada e Paesi Bassi a Khartoum hanno scritto un comunicato congiunto nel quale esprimono la propria «profonda preoccupazione» per quanto stabilito dalla sentenza e chiedono alle autorità legali di trattare con «compassione» il caso di Meriam.
«VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI» - Nel frattempo, Amnesty Internationalsta facendo pressioni sulle autorità sudanesi per spingerle a cancellare gli articoli 126 e 146, che stabiliscono il reato di apostasia e adulterio. «Meriam Imbrahim è condannata solo ed esclusivamente a causa del suo credo religioso e per la sua identità e deve essere scarcerata immediatamente e senza condizioni – scrive Amnesty in un comunicato – Considerare adulterio e apostasia come un reato non è coerente con le leggi internazionali sulla tutela dei diritti umani».
(Photocredit: Getty Images, foto di repertorio)

(Il Giornalettismo)



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