mercoledì 1 ottobre 2014

Il massacro dei bambini messaggio Isis ad Assad...





di Roberta Zunini Questa volta è toccato a decine di bambini di una scuola elementare di Homs, una delle città principali della Siria, e ai loro genitori che li stavano aspettando. I sopravvissuti, impazziti dal terrore, hanno cercato per ore i loro figli sotto le macerie, svenendo dopo averne trovato i resti. Quando li hanno trovati. Perché l’esplosione è stata estremamente violenta e tutto quello che vi era intorno si è disintegrato. Le scuole aperte in tutta la Siria sono poche e quelle poche sono state allestite in appartamenti o scantinati. Quella elementare del quartiere alauita di Ekremah al-Makhzoumi era rimasta in piedi, nonostante i bombardamenti governativi e ribelli. Ma ora è ridotta in macerie dopo che due kamikaze si sono fatti saltare in aria in due attentati distinti. Sembra molto probabile che a uccidere in tutto oltre cinquanta di persone (una quarantina minori) e a ferirne almeno una sessantina, siano stati dei membri dell’Isis. Per gli uomini del Califfo nero gli alauiti sono il bersaglio numero uno, considerando la religione alauita (di derivazione parzialmente sciita) blasfema. A rendere i jihadisti seguaci del sunnismo più radicale, ancora più crudeli nei confronti degli alauiti, è il fatto che l’altrettanto sanguinario presidente Assad, al quale vorrebbero sostituirsi, sia ufficialmente un credente di questa confessione. Ma, come ormai è chiaro a tutti, la religione è un pretesto per il leader dell’Isis, Al Baghdadi: a lui non interessano i precetti morali bensì il potere e il denaro. Ottenuti in vari modi tra i quali la vendita sottobanco a intermediari senza scrupoli del petrolio che sgorga dai pozzi iracheni e siriani di cui l’Is è riuscito a impossessarsi, sfruttando l’inconsistenza dell’esercito iracheno e la ridotta capacità bellica dei peshmerga curdi siriani e iracheni, privi di armamenti pesanti. Se però ai curdi iracheni qualche arma pesante è arrivata e i bombardamenti aerei della coalizione internazionale a guida Usa sono riusciti a contenere l’Isis nel nord dell’Iraq e a tenerli fuori dai confini del Kurdistan, per i curdi-siriani, la minaccia non sembra essersi disinnescata. NONOSTANTE L’ARRIVO di molti peshmerga dal Kurdistan turco, nonostante i bombardamenti della coalizione, tutti i centri principali della regione Rojava – l’area orientale della Siria confinante con la Turchia, abitata in gran parte da curdi – è ormai controllata dall’Isis. La città di Kobane, a 500 metri dalla frontiera turca, è ormai sul punto di cadere. Quasi tutti gli abitanti, circa 160mila persone, sono scappati in zona turca e a combattere sono rimasti solo i peshmerga. Che però lì sono troppo pochi e avrebbero bisogno dell’aiuto sul terreno dei loro colleghi curdo-turchi, meglio armati e abituati da decenni a confrontarsi con uno degli eserciti più potenti del mondo, quello turco. E la Turchia, pur avendo avviato da due anni un negoziato di pace con i curdi del Pkk, non intende far entrare in Siria i suoi guerriglieri perché teme una saldatura tra curdi turchi e siriani, asse che potrebbe un giorno unirsi allo Stato curdo iracheno per creare il temuto Kurdistan. Per fermare il loro ingresso, più che per evitare che l’Isis minacci la Turchia, storico membro della Nato, il presidente Erdogan ha deciso di schierare 10 mila soldati turchi e decine di carri armati sulla collina che guarda Kobane. Inoltre, oggi, il Parlamento turco dovrebbe ufficializzare la creazione di una zona cuscinetto dentro la Siria. Così i suoi soldati potranno mettere gli scarponi sul terreno. Erdogan però spera che anche altri eserciti presto seguano il suo. Una bella nemesi per colui che aveva protetto i jihadisti in chiave anti Assad.

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