domenica 12 ottobre 2014

“Io ho combattuto per l’Isis”....



I racconti dei profughi dall’Africa e dal Medio Oriente nel centro di Settimo


I superstiti e il mediatore
A sinistra Yahaya Tata Moussa, originario del Ciad, lavora come mediatore nel centro della Cri



«Abbiamo combattuto, siamo in fuga dalla guerra». Lo raccontano agli operatori della Croce Rossa di Settimo gli ultimi profughi arrivati in Italia. Il problema opposto dei «Foreign Fighters». Cioè gli islamici che, dall’Occidente, vanno in Siria o altrove per combattere nel Califfato.  

Il caso di Anmar Bacha  
Dopo mesi di silenzio e di interrogatori rimasti irrisolti, qualcosa filtra da Torino. Come la storia controversa di un sedicente combattente Isis, il trentasettenne siriano Anmar Bacha, da 13 anni in Italia, a Monza, che avrebbe combattuto in Siria contro Assad per oltre un anno. Rientrato in Italia, gli sono stati ritirati i documenti. La Digos sta valutando le sue dichiarazioni: «Sono un operaio, ho lavorato per 12 mesi a Torino, nei cantieri del Politecnico». Gli investigatori dell’Anti-terrorismo per il momento non si sbilanciano. Di certo quest’uomo alto e magro ha molte conoscenze a Torino, nell’area islamista più radicale. I suoi post su facebook sono ora attentamente valuti dagli investigatori per ricostruire tutti i suoi contatti italiani.  

«Fenomeno in aumento»  
Da aprile a oggi sono oltre 4 mila i rifugiati accolti dalla Croce Rossa e poi dirottati verso altre mete. Cristina A. : «E’ accaduto più volte, in questo ultimo periodo. Prima erano dichiarazioni isolate, oggi sono in aumento. È cambiato l’identikit dei rifugiati, anche le nazionalità e i profili personali». Sono eritrei, siriani, palestinesi. In Italia e a Torino sono rimasti poco. Di molti non si sa più nulla. Potrebbero essere loro a costituire quelle cellule, oggetto dell’allarme lanciato dal Viminale. Degli ex combattenti si sa poco o nulla. Diversa la situazione per quella parte di rifugiati che fanno parte del progetto Sprar, acronimo di «Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati». A Settimo Torinese, nel compound della Croce Rossa, sono 94. Hanno un’età che va dai 18 ai 42 anni. Tutti uomini: in maggior parte provenienti dal Centro Africa, poi pakistani, iracheni e di altri Paesi. Da marzo a oggi, oltre ai 94 accolti dalla Cri, ci sono altri 1180 rifugiati ospiti in varie strutture private e non solo di Torino e provincia e di tutto il Piemonte. 

L’ex villaggio Tav  
«Nel sistema Sprar - spiega il dirigente della Cri Marco Schiavolin, affiancato da Aurelio D. e da Agnese P. - ci sono stati significativi successi, siamo riusciti a inserire nella nostra struttura alcuni rifugiati nel ruolo di mediatori culturali, di cuochi o in altre figure professionali». La Cri ha un rimborso di 30 euro al giorno per ogni rifugiato.  

Tornare a casa  
Racconta Yahaya Tata Moussa, 28 anni, originario del Chad: «Sono arrivato con un barcone nel 2008, con l’idea di fuggire dalla guerra e di tornare a casa finita l’emergenza». Ibadoghemou Ebosetale, fuggito dagli scontri sanguinosi in corso nel suo Paese: «La speranza è di tornare, un giorno, ma la mia vita era in pericolo», dice. Trascorrono il loro tempo in giro nella zona, il primo passo verso la normalità è possedere una bicicletta; giocano a calcio nel campetto vicino alle case una volta occupate dagli operai che costruivano la Tav Milano-Torino. Le stanze sono pulite, confortevoli. Uno dei cuochi è un ragazzo del Bangladesh: «Sono qui da alcuni anni, mi occupo dei menu e della qualità del cibo, cercando di accontentare tutti, rispettando gli usi religiosi e la qualità». 

(La Stampa Torino)

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