L'esercito nero di al Baghdadi conquista Kobane. Mentre Erdogan si dice pronto ad armare i curdi solo in cambio della rimozione di Assad
Continua l’avanzata dell’esercito dello Stato Islamico in Siria. Con la conquista della città di Kobane le truppe di miliziani jihadisti che combattono a sostegno del califfato di Abu Bakr al Baghdadi sono giunte al confine con la Turchia generando la preoccupazione delle autorità di Ankara e la coalizione internazionale che continua ad intervenire con raid aerei.
JIHADISTI CONQUISTANO KOBANE – Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato che Kobane è «sul punto di cadere» nelle mani dell’Isis e che non ci sono al momento soluzioni per fermare l’offensiva dell’esercito nero nella città curda. La Turchia si dice dunque pronta ad intervenire nel territorio siriano solo a condizione che venga istituita una fly-zone e che gli Stati Uniti s’impegnino per la futura rimozione del dittatore Bashar al Assad. Preoccupazione legata all’avanzata dell’Isis è stata manifestata anche dalle Nazioni Unite, che come la Turchia chiede un intervento immediato. L’inviato Onu per la Siria Staffan De Mistura ha affermato che serve «un’azione concreta» della comunità internazionale in difesa dei cittadini di Kobane.
ANKARA CHIEDE LA RIMOZIONE DI ASSAD – Non sono dunque bastati i conque raid aerei della coalizione nell’area per impedire la conquista da parte dell’Isis di una vasta regione al confine con la Turchia. Erdogan, parlando a Gaziantep, nel sud del paese, ha spiegato che «il terrorsimo non sarà fermato dai raid aerei» e che occorre un intervento militare di terra. E nello stesso tempo chiede l’aiuto delle forze straniere per la rimozione del regime di Damasco, suo grande nemico. La ritrosia della Turchia nel fornire un appoggo diretto ai combattenti curdi che si oppongono all’Isis è legata al fatto che il Pyd, Partito dell’Unità democratica, è alleato del Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan che da 30 anni si batte per l’indipendenza da Ankara.
IN CORSO MANIFESTAZIONI – Manifestazioni di protesta nei confronti dell’Isis e nei confronti di Erdogan sono avvenute in vari paesi europei. Ma le più forti hanno avuto luogo in Turchia, dove, come riferiscono i media arabi, un manifestante è morto ed un altro ferito da colpi di arma da fuoco nella provincia orientale di Mus Varto.
IL 90% DEI RAID È AMERICANO – Dal canto loro, gli Stati Uniti denunciano uno scarso impegno profuso nella missione internazionale dagli altri alleati e «la passività della comunità internazionle» di fronte ad un attacco su Kobane. In particolare i responsabili delle forze armate Usa sottolineanto che solo un 10% dei quasi 2mila raid aerei compiuti dall’8 agosto scorso, primo giorno di intervento anti-Isis, sono stati condotti dai paesi arabi e dagli altri paesi impegnati (Bahrain, Giordania, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti hanno cominciato il 23 settembre, mentre Francia, Belgio, Gran Bretagna, Danimarca, Olanda sono impegnati con missioni in Iraq). Secondo gli americani i velivoli statunitensi hanno eseguito 1.768 attacchi contro 195.
(Giornalettismo)




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