L’ingresso della Turchia nella coalizione anti-Is cambierà lo scenario. Ma Ankara rischia molto
Il Parlamento turco vota oggi le mozioni presentate dal premier Ahmet Davutoğlu per chiedere l’autorizzazione a colpire le postazioni dello Stato Islamico in Iraq e Siria. Ieri sera, mercoledì 1 ottobre, alla vigilia del dibattito parlamentare a porte chiuse sulla questione, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha dichiarato che Ankara è pronta a «qualsiasi tipo di cooperazione per combattere il terrorismo». Ma, ha aggiunto, la destituzione del governo siriano di Bashar al Assad resta anch’essa una «priorità della politica turca nella regione». Tradotto. Erdogan non entra in guerra se la guerra non serve anche a indebolire Assad.
Il discorso di Erdogan e il probabilissimo ingresso della Turchia nella coalizione anti-Is (il partito di Erdogan, l’Akp ha la maggioranza in Parlamento) è la novità più grossa dal momento dell’inizio dei raid aerei sull’Iraq. Ed è una mossa destinata a cambiare lo scenario.
La mozione presentata al Parlamento dal primo ministro Ahmet Davutoğlu (leader dell’Akp, il partito di Erdogan) permette alle forze militari straniere il transito attraverso il territorio turco e la creazione di una zona cuscinetto che si estende per 32 km circa in territorio siriano. Ankara metterà quindi a disposizione le basi militari del Sud-Est del Paese, al confine con Siria e Iraq, restituendo alla coalizione a guida Usa un indubbio vantaggio militare. Ma i 40 Paesi occidentali e arabi finora raccolti – molti i riluttanti e pochi i convinti - ne trarranno anche un rafforzamento politico, diventando finalmente credibile la loro intenzione di contrastare lo Stato islamico.
Tutto questo, però, costringerà Erdogan a un incredibile gioco di equilibrismi.
Il Presidente è pieno di timori e la puntualizzazione fatta sulla necessità di indebolire Assad la dice lunga.
(Linkiesta)

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