venerdì 31 ottobre 2014

ISIS, ALLARME DELL'ONU: "15MILA COMBATTENTI STRANIERI ARRUOLATI FRA I TERRORISTI"..





Un numero di combattenti stranieri «senza precedenti» che si sono uniti alla jihad, da paesi che non avevano mai fornito "manodopera" al terrorismo islamico. È l'allarme lanciato dall'Onu in un rapporto di cui il quotidiano britannico Guardian ha avuto un'anticipazione. Sono «15.000» i "foreign fighters" partiti alla volta della Siria e dell'Iraq per combattere accanto all'Isis o ad altri gruppi estremisti. Provengono da 80 paesi diversi, di cui l'Onu non fornisce una lista dettagliata, limitandosi a nominare solo i luoghi che mai prima di oggi erano stati patria di futuri jihadisti: Maldive, Cile, Norvegia. «Dal 2010 a oggi sono partiti più foreign fighters di quanti non ne siano partiti nel ventennio 1990-2010. E stanno aumentando», è scritto nel rapporto. I peshmerga entrati a Kobane, piovono bombe di Assad sugli sfollati. Il massacro documentato di decine di civili siriani, sfollati nel nord-est del Paese, addossati con le loro famiglie a ridosso del confine turco e nelle ultime ore uccisi da barili-bomba dell'aviazione del regime di Damasco, è rimasto sullo sfondo delle notizie sull'ingresso ieri di un primo gruppo di miliziani curdo-iracheni a Kobane/Ayn Arab, la cittadina siriana alla frontiera con la Turchia e assediata dai jihadisti dello Stato islamico (Isis). Dall'Iraq sono invece giunte le drammatiche testimonianze di alcuni sopravvissuti a un massacro compiuto dall'Isis nel giugno scorso a sud-est di Mosul, quando circa 600 detenuti sciiti del carcere di Badoush sono stati giustiziati sommariamente secondo quanto ha riferito Human Rights Watch. Gli Stati Uniti si sono intanto detti «inorriditi» dall'uccisione mercoledì di circa 50 civili siriani, tra cui minori e donne, originari della Siria centrale ma sfollati al confine turco nella regione nord-occidentale di Idlib. Il massacro è stato documentato dall'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) e da numerose fonti locali interpellate via Skype. L'aviazione di Damasco, che a bassa quota continua a operare indisturbata nella stessa area di operazioni della Coalizione anti-Isis guidata dagli Usa, ha sganciato il suo carico di morte contro civili del campo profughi improvvisato di Habit, località frontaliera. Intanto da New York, l'inviato speciale Onu sulla Siria, Staffan De Mistura, ha affermato al Palazzo di Vetro che «per fermare l'Isis è necessario creare alcune zone franche in Siria, e uno di questi luoghi è Aleppo». Per il diplomatico italo-svedese, in queste zone franche deve essere «imposto un cessate il fuoco da attuare progressivamente». La soluzione politica, ha affermato, è il passo successivo. Proprio in queste settimane Aleppo, un tempo prima metropoli siriana, sta venendo accerchiata dalle truppe lealiste che stringono la morsa attorno ai quartieri orientali sotto il controllo del variegato fronte di insorti. Sul lato orientale, l'Isis è minaccioso, ma non attacca le forze del regime che proseguono la loro avanzata anche nella Siria centrale, nel nord-ovest, nel sud e attorno a Damasco. Proprio dalla capitale, le autorità siriane hanno accusato la Turchia di «complottare» contro la Siria e di aver «violato la sovranità territoriale» del Paese consentendo «a forze straniere e a elementi terroristi» di entrare a Kobane. Il riferimento può sembrare diretto ai peshmerga curdo-iracheni, ma per decenni il regime di Damasco ha sostenuto e protetto le milizie curde in funzione anti-Ankara. Più probabile che l'accusa del regime siriano sia stato all'ingresso, mercoledì, sempre tramite la Turchia, di un centinaio di miliziani di quel che rimane dell'Esercito libero, la piattaforma di disertori e civili siriani che dalla fine del 2011 hanno preso le armi contro le forze del presidente Bashar al Assad. Questo manipolo di insorti hanno preceduto l'ingresso ieri di una «delegazione» di una decina di peshmerga a Kobane. Il grosso del mini-contingente curdo-iracheno (150 unità) da ieri mattina è in attesa di varcare il confine. Il lato nord di Kobane è stato però bombardato a più riprese dall'Isis che assedia la cittadina sugli altri. Per tentare di facilitare l'ingresso dei rinforzi curdi, il comando militare Usa ha riferito che la Coalizione ha compiuto tre raid contro postazioni dello Stato islamico.

(Leggo)

Il nuovo ambasciatore in Iraq: "Perchè l'Isis è più pericoloso di Al Qaeda"...



Il nuovo ambasciatore in Iraq: "Contrariamente a Bin Laden, loro vogliono il controllo del territorio" . DIARIO DALLA SIRIA

I RIFUGIATI IN FUGA DALLA SIRIA...



Secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, sono 3 milioni i profughi siriani fuggiti dalla guerra civile

Secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), i profughi siriani fuggiti dalla guerra sono 3 milioni, di cui la metà circa bambini.
A questi vanno aggiunte centinaia di migliaia di persone che hanno lasciato il Paese senza essere registrate con lo stato di rifugiati. "A Gaziantep, nel sudest turco, a due ore d’auto dalla città di Aleppo, i siriani in fuga li incontri facilmente", racconta Maria Vittoria Pericu, che ha incontrato diversi rifugiati nei campi profughi in fuga dalla guerra civile siriana.
Molti profughi e rifugiati che scappano dalla guerra civile arrivano a piedi con un fagottino sulla spalla. Trovano riparo dove possibile, perlopiù in abitazioni abbandonate.
Vendono fazzoletti a passanti e automobilisti. Alcuni chiedono l’elemosina, ma la gran parte di loro trascorre le giornate raccogliendo all'interno di grandi sacchi della carta e della plastica da rivendere alle imprese di riciclaggio.
Nelle case non c’è acqua né riscaldamento. Si dorme in dieci o più per stanza, per terra, su grandi tappeti. La sporcizia, per la quale provano forte vergogna, è radicata nella loro pelle.
Hanno nomi, sembianze e comportamenti maschili, ma spesso sono bambine. Fingono per proteggersi da possibili abusi, mentre cercano di portare a casa qualche soldo per sopravvivere. Si prendono cura l’un l’altra: sono nate durante la guerra. Eppure tornano spontaneamente bambini quando hanno un pallone tra i piedi o giocano sulle altalene.
ULTIME NOTIZIE DALLA SIRIA
- Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti dell'uomo, un’associazione che ha sede nel Regno Unito, almeno una decina di sfollati siriani sarebbero rimasti uccisi lo scorso 29 ottobre in un raid aereo dell'esercito siriano condotto contro un campo profughi di fortuna nel nordovest del Paese, nella provincia di Idlib. Secondo l’Osservatorio, il governo siriano ha lanciato seicento raid aerei nel Paese nell’ultima settimana.
-I raid aerei della coalizione contro l'Isis in Siria non hanno scoraggiato i combattenti stranieri. Sono ancora più di mille i jihadisti che ogni mese arrivano in territorio siriano per unirsi ai gruppi integralisti islamici. È quanto rivela il Washington Post, che cita funzionari dell'intelligence e dell'antiterrorismo Usa.
(The Post Internazionale)

Cosa insegnano ai bambini nella scuola del terrore dell’Isis...



In un campo vicino alla capitale del califfato Raqqa i giovanissimi vengono educati al martirio suicida



L’Isis è l’organizzazione terroristica che impiega di più bambini e adolescenti nelle operazioni militari. Vicino alla capitale del califfato Raqqa c’è un campo dove centinaia di giovanissimi sottratti con la forza o comprati dalle loro famiglie sono educati all’uso delle armi, alla dottrina fondamentalista del Corano e al martirio suicida per l’Islam.
L’ISIS E LA SCUOLA DEL TERRORE - Gli attivisti per i diritti umani del gruppo “Raqqa is being slaughtered silently”, Il silenzioso massacro di Raqqa in italiano, hanno diffuso sul loro sito numerose foto del campo di al-Sharea’l, dove centinaia di bambini e adolescenti sono formati alla jihad. Nella scuola del terrore, come è definita dal tabloid tedesco Bild Zeitung, i giovanissimi imparano l’uso delle armi, la dottrina fondamentalista del Corano predicata al-Baghdadi e dai suoi miliziani, allo scopo di esser inviati nelle operazioni militari condotte dalle truppe jihadiste in Siria. Come rimarcano gli attivisti, le foto che sono state pubblicate sul loro sito sono state scattate dalla stessa Isis, che da tempo utilizza dei bambini con il kalashnikov o la bandiera nera in mano a scopi di propaganda. A Raqqa le scuole sono state chiuse, e i bambini imparano la jihad invece che la materie tradizionali. Questi piccoli, tra cui ci sono anche bambini di età di poco superiore ai 5 anni, sono portati nel campo di al-Shareal in modo diverso. Diversi tra loro sono stati sottratti con la violenza alle loro famiglie, altri invece venduti, mentre numerosi genitori e parenti vicini alle idee fondamentaliste dell’Isis li hanno consegnati ai jihadisti per far diventare i loro figli o nipoti nuovi martiri dell’Islam.
(Giornalettismo)

Burkina Faso: la fine di un dinosauro-presidente...





Per il Burkina Faso è finita un epoca. È finita l’era Blaise Compaorè dopo 27 anni ininterrotti di presidenza. Per il sessanta per cento della popolazione – i giovani sotto i 25 anni – il paese ha un altro capo di stato.
Loro conoscevano solo lui. E non ne potevano più. Le manifestazioni di piazza sono partite da loro, più che dall’opposizione che ha cercato di cavalcarle.
È finita un epoca, ma forse non ne è ancora nettamente cominciata un’altra. L’esito di questa crisi per il momento non sembra soddisfare i dimostranti, quei giovani che hanno dato la spallata definitiva al vecchio dinosauro-presidente.
I fatti delle ultime ore: Blaise Compaorè, con un breve comunicato letto in TV da una speaker, si è dimesso. Ha reso vacante il potere che è stato subito riempito dal capo di stato maggiore dell’esercito, il generale Honorè Traorè che è considerato un fedelissimo di Blaise Compaorè.
Per questo motivo davanti allo stato maggiore è continuato un presidio di giovani e oppositoriche temono sia cambiata solo la facciata ma che la sostanza rimanga quella di sempre.
Subito dopo le dimissioni Blaise Compaorè è praticamente fuggito dalla capitale con un corteo di auto e una sua milizia privata. Direzione la frontiera con il Ghana sulla cui strada c’è anche il suo villaggio d’origine.
Le prossime ore, la giornata di domani dirà se in Burkina Faso è realmente cominciata una nuova epoca o se, prima che questo accada, si deve sanare la frattura che sembra si sia verificata tra i desideri della piazza e i militari che hanno preso il potere. Questi ultimi si sono affrettati a far sapere che Honorè Traorè sarà un presidente ad hiterim che porterà il paese ad elezioni entro novanta giorni. Vedremo.
(Termometro Politico)

«Ho ucciso mia madre e mia sorella per salvarle dall’orrore dell’Isis»...



«Tu sai cosa faranno di me e di tua sorella... non dare a loro questa possibilità, uccidici tu», avrebbe detto la madre al figlio. Che, dopo aver compiuto il gesto disperato, si è tolto la vita




Eindhoven: Matthea Vrij della Tv olandese evangelica EO eToon Lambrechts  ha girato un documentario sulla Siria insieme al collega Roel Pulinxò. I due hanno gelato la platea presente nella piccola sala del Centro per la pace della città olandese con il loro racconto e le immagini mostrate alle persone presenti. Tra gli aneddoti, quello riguardante un kamikaze che si era fatto saltare in aria dentro un centro scolastico uccidendo svariate persone. L’Isis aveva deciso di abbattere quel luogo per colpire il cuore del popolo: lì infatti si tenevano le riunioni per la libertà delle donne e per la libera istruzione.

LA LETTERA - Nella sala, racconta Libero, ad un certo punto prende parola un giovane uomo, Murat Memis, assessore comunale e presidente dell’associazione curda della città, il quale apre un foglio che secondo lui può aiutare a spiegare meglio il dramma delle popolazioni tenute in scacco dall’Isis. Si tratta di una lettera trovata dai vicini di casa di una famiglia irachena appena giunta nelle sue mani. La missiva arriva dalla città di Shingal ed è stata scritta da un ragazzino di 15 anni: «Caro papà – recita il testo – cari miei compagni, caro fratello Azad e cara la mia bella sorella Helin, quando voi decideste di lottare contro l’Isis per difendere il vostro stesso paese, io volevo venire con voi. Per essere vicino a voi, spalla a spalla, nella lotta contro gli assassini. Caro papà, non dimenticherò mai le tue parole, tu mi dicesti “figlio mio, lo so che vorresti venire con noi a combattere, ma ci vuole pure qualcuno che resti a casa. Rimani qui e difendi tua madre e la tua sorellina. Ti promisi allora, papà, che avrei fatto veramente di tutto per difendere la mia famiglia. Caro papà, quando abbiamo sentito il rumore dei bombardamenti e le grida della gente, ho subito capito che gli assassini erano vicino alla nostra casa. Caro, mio caro, amato papà, in quel momento mi sono sentito impotente; allora la mia sorellina mi ha sussurrato all’orecchio: “ma…fratello, loro sparano ai bambini con piccoli proiettili, vero?”» Il giovane prosegue raccontando di aver capito che ormai gli assassini dell’Isis erano  vicinissimi alla loro abitazione e che la madre l’ha abracciato chiedendgoli di non lasciare lei e la sorella nelle mani dell’Isis «Tu sai cosa faranno di me e di tua sorella…Non dare a loro questa possibilità, uccidici tu», avrebbe detto la madre. Il ragazzo ha quindi sparato alla sorella e alla madre per poi togliersi la vita: questo è solo una delle molte testimonianze che possono spiegare in parte il grande dramma vissuto dalle popolazioni soggiogate dall’Isis.
(Giornalettismo)

Isis, Onu in allarme: '15 mila combattenti stranieri in Siria'...



L'Onu ha lanciato un allarme sul fronte Isis, affermando che "un numero di combattenti stranieri senza precedenti si e' unito alla jihad da Paesi che non avevano mai fornito manodopera al terrorismo islamico". Si tratta di almeno 15 mila "foreign fighters partiti alla volta della Siria e dell'Iraq per combattere accanto all'Isis o ad altri gruppi estremisti".

Hosam Al Awak, responsabile dell'intelligence dell'esercito siriano libero al quotidiano kuwaitiano Al Watan, ha affermato che nelle file dell'Isis ci siano tre kuwaitiane kamikaze appartenenti al battaglione della Khansa: si parla di un battaglione di 200 donne kamikaze, mogli dei miliziani dell'Isis.

I combattenti provengono da ben 80 paesi diversi: l'Onu non ha fornito una lista dettagliata, ma ha citato alcuni paesi che non si erano mai schierati in tal senso, come Maldive, Cile e Norvegia. 

Nuovo Blog


Questo e' il mio nuovo blog che da oggi e' attivo.
Continuero' a raccontare quello che succede nuel Sud del Mondo.

lunedì 20 ottobre 2014

Isis, la Turchia apre il confine ai curdi. Iraq, altre autobombe: 200 morti in 10 giorni...



Lo ha annunciato il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu, che ha così deciso per la prima volta di appoggiare attivamente la resistenza della città di frontiera. Anche gli americani hanno paracadutato armi, munizioni e medicinali sul fronte della resistenza. Telegraph: jihadisti hanno tentato il rapimento del capo dei ribelli siriani in territorio turco




La Turchia apre le frontiere ai peshmerga curdi che intendono raggiungere Kobane, la città siriana al confine assediata dai miliziani dell’Isis ormai da più di un mese. Il paese del presidente Recep Tayyip Erdoğan cede così alle richieste della popolazione del Kurdistan e di gran parte della comunità internazionale. Anche Papa Francesco, durante il Concistoro di lunedì dedicato alla situazione dei cristiani in Medio Oriente, si è appellato alla Comunità Internazionale: “Gli ultimi avvenimenti, soprattutto in Iraq e Siria – ha detto – sono preoccupanti. Serve un’adeguata risposta anche da parte della Comunità Internazionale”. Intanto il Telegraph, citando fonti dell’Esercito siriano libero, diffonde la notizia secondo cui i miliziani dell’Isis avrebbero tentato di sequestrare uno dei comandanti dei ribelli moderati a Urfa, nel sud-est della Turchia, alimentando timori sull’infiltrazione di frange jihadiste oltre il confine tra Siria e Turchia. Nuovi raid aerei della coalizione nella notte tra domenica e lunedì: secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sarebbero 5 gli attacchi portati avanti da Stati Uniti e paesi alleati. Continuano anche gli attentati contro quartieri e luoghi di culto sciiti a Baghdad e nei villaggi vicini. Lunedì, 18 personesono morte in un triplice attacco a Karbala, città sacra sciita a sud della capitale. 

“Aiutiamo le forze peshmerga curde ad attraversare il confine per raggiungere Kobane”, ha dichiarato il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, aggiungendo che il governo di Ahmet Davutoğlu continuerà a discutere la questione per prendere decisioni che possano essere le più adeguate a garantire la sicurezza nazionale e dei popoli minacciati dal califfato. Una decisione in contrasto con la posizione tenuta dall’esecutivo del Paese nelle ultime settimane e che va a rinforzare decisamente il fronte curdo nella città al confine tra Siria e Turchia. La resistenza di Kobane potrà anche beneficiare degli aiuti americani che, oltre ad accompagnare le operazioni di terra dei combattenti con i raid aerei della coalizione, ha lanciato, nella notte tra domenica e lunedì,armi, munizioni e medicinali alla popolazione del Kurdistan siriano in prima linea a Kobane. 
Iraq, 3 autobombe a Karbala: 18 mortiContinuano gli attentati ai danni della comunità sciita a Baghdad e nelle città vicine alla capitale irachena. Lunedì, tre autobomba sono esplose a Karbala, luogo sacro per gli sciiti a sud della città dove ha sede il Governo. Diciotto i morti accertati che vanno ad aggiungersi alle centinaia delle scorse settimane. Una serie di atti terroristici, alcuni dei quali rivendicati dallo Stato Islamico, che hanno l’obiettivo di seminare il panico all’interno della comunità sciita della capitale. Domenica, altre 18 persone sono morte in seguito a un attentato a una moschea della capitale. Sono circa 200 le uccisioni negli ultimi 10 giorni.
Telegraph: “Miliziani dell’Isis presenti in Turchia”Insieme alla notizia dell’annunciato appoggio ai curdi di Kobane da parte del governo di Ankara, arriva anche quella diffusa dal quotidiano britannico, che cita fonti dell’Esercito siriano libero, riguardo alla presenza di miliziani jihadisti entro il confine turco. La prova va ricercata, a quanto scrive il Telegraph, nel tentato sequestro da parte dei miliziani fedeli ad Abu Bakr al-Baghdadi, venerdì pomeriggio, di uno dei comandanti dell’Esl, Abu Issa. Il ribelle, che dirige il gruppo Thuwar Raqqa che combatte per Kobane, sarebbe stato vittima di un’imboscata mentre tornava in auto, con il figlio 20 enne Ammar, da un incontro con dei funzionari turchi, a Urfa, nel sud-est del Paese.  “Auto dell’Isis gli hanno bloccato la strada e quattro uomini armati li hanno fatti scendere” dal veicolo, ha detto il portavoce di Thuwar Raqqa, Ahmed Abdul Khader. I miliziani avrebbero tentato di portarlo oltre il confine siriano ma, incontrati i militari dell’esercito governativo di Ankara, avrebbero abbandonato l’ostaggio. L’uomo, soccorso in ospedale, avrebbe riportato ferite da arma da fuoco. Ulteriori prove della presenza jihadista nel sud-est turco arriverebbero dalla testimonianza di un cittadino siriano residente a Urfa che ha dichiarato al quotidiano di conoscere personalmente membri dell’Isis che ”vivono in modo agiato, mangiano nei ristoranti e nei bar senza essere disturbati”.
La notizia solleverebbe nuovi preoccupanti scenari per il governo turco, che dovrebbe così rinforzare i controlli non solo al confine con la Siria, ma anche internamente, e per l’Occidente. Questo caso sarebbe il primo in cui miliziani dello Stato Islamico riescono a entrare in territorio europeo, violando i confini di uno Stato che fa parte della Nato. Sono mesi che la Comunità Internazionale si appella alla Turchia perché rinforzi i controlli al confine per limitare l’infiltrazione di frange jihadiste all’interno del Paese. Inoltre, la questione dello scarso rigore dei militari alla frontiera era stata sollevata anche in riferimento al contrabbando di petrolio da parte dello Stato Islamico che, così, poteva vendere l’”oro nero” sul mercato internazionale. Un business che gli fruttava oltre 600 mila dollari al giorno.
(Il Fatto Mondo)

venerdì 17 ottobre 2014

Isis, leader curdo: “Decine di italiani tra gli jihadisti”. Al Qaeda: “Attaccare gli Usa”...



I capi militari delle fazioni ribelli operanti in Siria raccontano di decine di combattenti provenienti dal nostro Paese e arruolati tra le fila estremiste. "Sono di origine solitamente maghrebina, indottrinati e poco abili con le armi, ma in 2-3 settimane vengono mandati in prima linea", dicono. Intanto, anche i qaedisti yemeniti invitano tutto il mondo musulmano a combattere a fianco dello Stato Islamico




Decine di cittadini italiani“, di origine prevalentemente maghrebina, combattono tra le fila dell’Isis. E’ il risultato di una serie d’interviste condotte da Aki (Adn Kronos International) a comandanti delle forze armate ribelli islamiste in Siria. Un dato che solleva nuovamente il problema dei foreign fighters coinvolti nella guerra tra l’Isis e le forze di coalizione occidentali. Questi uomini, oltre ad appoggiare la politica sanguinaria dei fedeli all’autoproclamato califfato, rappresentano una minaccia anche per i paesi d’origine dove, dopo mesi di prima linea, torneranno per formare cellule distaccate che potrebbero compiere attentati in Occidente. Intanto, Al Qaeda nella Penisola Arabica, con base in Yemen, invita tutti i sostenitori ad appoggiare la causa dell’Isis: “Lottiamo insieme per combattere gli americani”. 
“La presenza di italiani tra i miliziani dello Stato Islamico è certa – dichiara Fares Tammo, coordinatore generale del Consiglio rivoluzionario curdo (ala militare di opposizione al regime siriano) -Tutto ciò che sappiamo per certo sono i numeri, ma non abbiamo accesso a nessun nome”. Tammo sostiene che quello che sta dicendo è un fatto documentato e disegna anche un profilo dei combattenti provenienti dall’Italia e fedeli al califfo, Abu Bakr al-Baghdadi: “Arrivano già indottrinati dal primo giorno – dice il coordinatore -, quindi hanno solo bisogno di imparare a usare le armi”, pratica di cui non hanno alcuna esperienza. Questa formazione, però, dura solo 2 o 3 settimane, poi i giovani combattenti vengono mandati in prima linea. Una rivelazione importante che, se confermata, alimenterebbe i timori della presenza ancora viva di luoghi d’indottrinamento secondo ideali estremisti presenti nel territorio italiano e fuori dal controllo di istituzioni e forze dell’ordine.
Il profilo dei combattenti che partono dal nostro Paese è quello di soggetti con doppio passaporto e, nella maggior parte dei casi, di origine marocchina, libica o algerina. Hanno una scarsa conoscenza dell’Islam perché hanno ricevuto un insegnamento improntato esclusivamente all’indottrinamento estremista,scarsa capacità nell’uso delle armi ma con un grande entusiasmo per la “causa” per la quale combattono. 
A confermare le dichiarazioni di Tammo arrivano anche quelle di Saber Bashar, ufficiale di collegamento tra le forze dell’Esercito siriano libero di stanza in Siria e quello operante in territorio turco: “Ho incontrato almeno tre italiani in circostanze diverse – racconta – che si erano arruolati con il movimento Ahrar al-Sham (un gruppo islamista che ha l’obiettivo di sostituire l’attuale regime siriano con uno Stato islamico ma che non condivide gli ideali dell’Isis, con il quale è entrato in conflitto, ndr) e che erano di origine nordafricana, uno forse somalo o marocchino del sud, in quanto di colore”. Tutti, spiega Bashar, erano in possesso dei loro documenti ufficiali, nessuno gli aveva chiesto di liberarsene e, in generale, tenevano comportamenti irresponsabili: “Uno di loro, sui vent’anni, algerino, come avevamo capito dalla parlata, era sempre nervoso e diceva che non voleva tornare e che se fosse stato costretto sarebbe tornato nel suo Paese e non in Europa”. Uno stato di esaltazione che ha portato molti di loro a staccarsi dai “moderati” ed entrare tra le fila dello Stato Islamico: “Il movimento gli passava vitto, alloggio e 200-300 dollari al mese – continua il membro dell’Esl -, ma il loro obiettivo non sono i soldi. Loro vogliono combattere, sono entusiasti di farlo, e molti di loro sono passati con l’Isis o con il Fronte al-Nusra che, da questo punto di vista, li corteggia molto di più”. 
Al Qaeda in Yemen: “Insieme per combattere gli Usa”A sostenere la causa dei fedeli al califfo al-Baghdadi arrivano anche i membri di Al Qaeda nella Penisola Arabica con base in Yemen che rinnovano l’invito a collaborare con lo Stato Islamico: è vietato “partecipare ai combattimenti contro” l’Isis, ovvero ai raid della coalizione internazionale voluta da Barack Obama e della quale fanno parte anche Paesi arabi. In un comunicato pubblicato sui forum jihadisti, la cellula di Al Qaeda ”chiede a tutti i combattenti di mettere da parte le loro differenze e gli scontri interni alle fazioni e unirsi contro i crociati che colpiscono tutti”.
Una vera e propria dichiarazione di guerra che, se accolta anche dall’Isis, andrebbe a rafforzare decisamente il fronte anti-occidentale, con centinaia di combattenti sparsi per tutto il Medio Oriente e non solo pronti a raggiungere i loro “fratelli” in Siria e Iraq“Chiediamo anche a tutti i musulmani di sostenere i loro fratelli, con le loro anime, soldi e parole contro i crociati – recita il comunicato qaedista – Chiunque possa indebolire gli americani lo faccia militarmente, economicamente e attraverso i media”. Quella contro lo Stato Islamico, continua il gruppo terrorista, “è una campagna contro l’Islam” che vede insieme “crociati, majus (termine usato per indicare gli iraniani, ndr) e i loro leader apostati traditori”.
(Il Fatto Mondo)

Siria, Is crocifigge 'spia' che muore dopo 3 giorni di agonia....





jihadisti dello Stato islamico(Is) hanno crocifisso una presunta spia ad Aleppo, provincia della Siria settentrionale, lasciandola morire in croce dopo tre giorni di agonia. Secondo l'Osservatorio, la giovane vittima è stata 'arrestata' dai jihadiati perché "scattava foto di alcune postazioni, per ricavarne del denaro". L'uomo è stato quindi appeso a un croce su una rotonda situata su una strada di grande traffico, nella città di al-Bab. La presunta spia, riferiscono ancora gli attivisti, è rimasta appesa alla croce per tre giorni, prima di morire.
IS USA AEREI MILITARI PER SORVOLARE ALEPPO - I miliziani dello Stato islamico (Is) usano tre aerei militari per azioni di sopralluogo nei dintorni di un aeroporto militare ad Aleppo nel nord della Siria. Lo riferiscono gli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani citando testimoni oculari.


A fine agosto i jihadisti dell'Is hanno conquistato la base aerea militare di Tabaqa, nella provincia di Raqqa, e da qui sarebbero entrati in possesso di velivoli del regime di Bashar al-Assad. Secondo l'Osservatorio Siriano per i diritti umani i tre velivoli militari in mano ai miliziani dello Stato Islamico potrebbero essere di tipo MiG-21 e MiG-23. Gli attivisti hanno inoltre riferito che ex ufficiali dell'esercito baathista arruolati dallo Stato Islamico stanno addestrando i jihadisti per pilotare i caccia nella base aerea al-Jarrah nel sobborgo orientale di Aleppo.
RAID AEREO REGIME ALLE PORTE DI DAMASCO, ALMENO 15 MORTI - Almeno 15 civili, tra i quali tre adolescenti, hanno perso la vita in una serie di raid aerei che i militari del regime siriano hanno lanciato contro Douma, cittadina controllata dai ribelli, alle porte di Damasco. Lo riferiscono gli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani. Raid aerei del regime hanno colpito anche le province di Daraa, Hama, Homs e Idlib.

(Adnkronos)

mercoledì 15 ottobre 2014

Libia, scontri a Bengasi: miliziani jihadisti uccisi Le forze di Stato hanno bombardato il gruppo Ansar al Sharia. «Gravi perdite»....





Sono scoppiati nuovi violenti combattimenti allo scalo Benina di Bengasi, in Libia, tra i jihadisti del gruppo islamico Ansar al Sharia e le forze speciali di Khalifa Haftar, filo-governative.
Secondo un portavoce dell'esercito, Mohamed Hegazi, sono almeno 16 i miliziani fondamentalisti rimasti uccisi, tra loro «anche alcuni maliani». 
«GRAVI PERDITE». La mattina del 15 ottobre l'ex generale di stato aveva annunciato una controffensiva agli attacchi degli estremisti. I caccia hanno iniziato a bombardare immediatamente Ansar, causando «gravi perdite» tra i miliziani, come ha riferito l'agenzia egiziana Mena. I morti si aggiungono alle 7 vittime e ai numerosi feriti a causa dello scoppio di un'autobomba, avvenuto il 14 ottobre nei pressi dello scalo. Quasi nello stesso momento, i raid libici hanno colpito anche Derna, città di 80 mila abitanti a Ovest di Bengasi, dove, appena una settimana prima, un convoglio di pickup armati con la bandiera dell'Isis ha fatto sfoggio di forza sfilando nelle vie della città.
VESCOVO: «COMBATTIMENTI OGNI GIORNO». Per le strade di Bengasi la situazione è drammatica, secondo quanto riferito dal vicario apostolico della città, mons. Sylvester Carmel Magro. «La popolazione è chiusa in casa», ha dichiarato il religioso all'agenzia vaticana Fides, «mentre sono in corso combattimenti nelle zone periferiche della città. I bombardamenti sono iniziati nella prima mattina di oggi, ha riferito Magro, sottolineando come, a Bengasi, i combattimenti tra le diverse fazioni siano all'ordine del giorno. 
AEREI EGIZIANI PARTECIPANI AI RAID. Secondo il Daily Mail, citando fonti governative egiziane e libiche, «aerei egiziani hanno bombardando postazioni dei jihadisti in Libia, a Bengasi».
I velivoli sarebbero guidati da piloti libici. Dal Cairo però non c'è alcuna conferma ufficiale.

(Lettera 43)

I TEDESCHI DELL'ISIS E LE TORTURE IN SIRIA. UN 15ENNE ALLA BILD: "TRATTATI DA ANIMALI"...





Uno dei paesi che più drammaticamente sta vivendo una fuga di propri cittadini per arruolarsi nell'Isis è sicuramente la Germania.
Otto jihadisti, partiti dalla Germania per combattere al fianco dello Stato islamico (Isis) in Siria e in Iraq, si sarebbero fatti esplodere in altrettantiattentati terroristici contro obiettivi civili e militari, secondo il Tagespiegel, che cita fonti dell'intelligence tedesca; mentre il tabloid Bild raccoglie la testimonianza di un 15enne siriano fuggito in Turchia, che dice di essere stato picchiato e torturato da tedeschi membri dell'Isis

Si moltiplicano, sulla stampa tedesca, le notizie riguardanti estremisti islamici collegati con l'Isis in Germania, o sugli jihadisti che hanno raggiunto Siria e Iraq per impugnare le armi dello Stato islamico. Secondo il Tagesspiegel domenica si sarebbe fatto esplodere l'ultimo attentatore suicida, Abu Sara al Almani. L'uomo avrebbe condotto un attentato contro miliziani curdi nella regione autonoma nel nord dell'Iraq.
Si chiama invece Bozan il 15enne di Kobane intervistato da Bild in Turchia, al confine con la Siria. Il ragazzo, sguardo triste e voce incerta, racconta in un video di essere stato catturato insieme ad altri minori e di essere statorinchiuso in una scuola. «Ci picchiavano spesso, ci hanno trattato come animali. Non posso descrivere i maltrattamenti», compreso l'elettroshock. E ancora: «Ci hanno mostrato video di decapitazioni e di come venivano tagliate le mani».
Secondo la testimonianza di Bozan c'erano a guardia della scuola almeno undici tedeschi. «Tre ci tenevano sotto controllo. Uno era particolarmente grosso e ci picchiava molto, molto spesso», aggiunge il ragazzo. Solo una settimana fa è arrivata la fine della prigionia. «Avevano paura dei caccia Usa che ci giravano sopra e alla fine ci hanno liberati». Probabilmente anche per uno scambio con dei prigionieri dell'Isis catturati dai curdi, scrive il tabloid.

(Leggo)

Mappare la diffusione ed informarsi del virus Ebola sul web: ecco dove...





Di Luca Lampugnani

Secondo le ultime stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, se non vi sarà un'adeguata risposta internazionale la diffusione del virus Ebola - particolarmente forte tra Liberia, Guinea e Sierra Leone - potrebbe raggiungere i 10 mila contagi a settimana entro dicembre. Una previsione, quella dell'OMS, che arriva di pari passo con i numeri sulla mortalità del virus (al 70 per cento, stando ad alcuni report, percentuale che considera anche gli episodi di decessi non registrati), che nei quasi 9.000 casi riportati ha ucciso 4.447 persone.
Nel frattempo a Dallas, in Texas, le autorità hanno confermato un secondo caso di contagio. Ad essere risultato positivo al test, dopo l'infermiera Nina Pham, è un altro operatore sanitario che si è occupato di Thomas Eric Duncan, il "paziente zero" statunitense ma originario della Liberia deceduto la scorsa settimana. L'episodio, riportato dalle principali agenzie internazionali, è accompagnato da una serie di proteste da parte del sindacato nazionale degli infermieri, sul piede di guerra perché molti dipendenti della struttura di Dallas non avrebbero ricevuto attrezzature e linee guida sufficienti per rispondere adeguatamente all'allarme.
Tuttavia, benché sia fuori discussione la lentezza di un'efficace azione internazionale ad un problema apparentemente solo 'loro', diventato poi con i primi casi di manifestazione dei sintomi e contagi occidentali anche 'nostro' - "investire in ricerca e prevenzione, e sì, farlo anche se Ebola è una malattia che uccide soprattutto in Africa, farlo anche se i governi dei Paesi coinvolti non sono ricchi compratori di vaccini. Aiutarli a ricostruire i loro sistemi sanitari. Se vogliamo ridurre il rischio per l'Europa, dovremmo cominciare a fare queste cose", scrive Cecilia Strada per pagina99 -, non mancano gli strumenti per orientarsi. Ad esempio, sul web sono disponibili una serie di portali che contribuiscono a monitorare la diffusione del virus, mappando la sua incidenza anche al di fuori dei confini dell'Africa occidentale. Così come in libera consultazione sono alcune linee guida che possono tornare utili ad operatori sanitari e ad intere strutture ospedaliere.
Ad esempio i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti hanno lanciato una pagina on-line specificatamente pensata per medici, infermieri e altri operatori sanitari che si dovessero trovare di fronte ad un caso di contagio da Ebola. Come è possibile vedere a questo link, i CDC mettono a disposizione una serie di informazioni particolarmente utili che vanno dalla prevenzione all'infezione fino al trattamento dei rifiuti ospedalieri, passando per la valutazione dei sintomi di coloro tornano da quei Paesi in cui il virus è particolarmente diffuso. Ancora, i CDC hanno un portale web dove sono riportate le ultime novità riguardo Ebola, con i numeri e le mappe della diffusione nell'Africa occidentale e gli aggiornamenti sui due casi già accennati di contagio a Dallas, in Texas.
Altra utile fonte sull'Ebola per gli operatori sanitari è il Medbox inaugurato recentemente dal Mission Medical Institute Würzburg, istituto tedesco supportato nella realizzazione da altre organizzazioni di base in Germania. Il sito web, raggiungibile a questo link, presenta numerose sezioni di malattie infettive con una serie di linee guida utili ad affrontarle - sempre dal punto di vista di infermieri e medici -, mentre è presente un'apposita sezione per l'Ebola.

Tornando negli Stati Uniti, inoltre, stando a quanto riporta Nextgov anche il Pentagono dovrebbe presto aprire un suo portale con informazioni e indicazioni sulla diffusione del virus. Tuttavia, come specificato da alcuni funzionari, il sito non sarà a consultazione pubblica: sarà ospitato al contrario da un server protetto e reso quindi disponibile solo ad agenzie governative e ONG impegnate contro l'Ebola
Come già accennato in precedenza, tuttavia, il web non fornisce esclusivamente strumenti utili ad operatori sanitari e strutture cliniche, presentando numerosi siti con cui è possibile monitorare e avere aggiornamenti sulla diffusione del virus, così come avere informazioni di carattere generale. È il caso questo, tra gli altri, del portale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sull'Ebola, dove sono presenti le caratteristiche, la 'storia' e i passaggi futuri necessari per contrastare la malattia. Allo stesso modo, anche ReliefWeb, operativo dal 1996, ha una sua specifica sezione dedicata al virus che sta colpendo con particolare forza l'Africa occidentale. Proprio da Guinea, Sierra Leone e Liberia (ma anche Nigeria e Senegal), parte del team di ReliefWeb lavora incessantemente per raccogliere le ultime informazioni, riuscendo così ad essere fonte di continui aggiornamenti Paese per Paese.
In ultimo, alcuni siti web permettono di monitorare visivamente (attraverso mappe ed altre infografiche) la situazione relativa alla diffusione di Ebola. Tra i più noti è sicuramente Humanitarian Open Street Map, organizzato ed inaugurato da una non-profit con base negli Stati Uniti cui un impegno concreto nel tracciare il virus è stato chiesto da Medici Senza Frontiere, che con altre organizzazioni si trova proprio nel centro della diffusione, tra Liberia, Guinea e Sierra Leone. Altro strumento simile è Healt Map, fondato dal professore della Harvard University John Brownstein, il quale permette di visualizzare i casi di Ebola in Africa Occidentale così come in tutto il mondo. Inoltre, Healt Map, utilizzato da esperti dell'OMS e del CDC, permette di rappresentare sul mappa anche la possibile diffusione futura del virus.
Pressoché di fondamentale importanza possono poi ritenersi altri due portali, uno lanciato dal già citato ReliefWeb e uno creato in connubio di forze tra Nazioni Unite, ONG e Organizzazioni Internazionali. Il primo, The Humanitarian Data Exchange, altro non è che un enorme database dove, non solo per quanto riguarda Ebola, vengono raccolte una serie di informazioni provenienti da più fonti, così da fornire un quadro più completo possibile del virus. Il secondo, Logistics Cluster, è invece uno strumento che aiuta a monitorare le forniture, i trasporti e i voli per l'Africa occidentale, mettendo a disposizione dati, mappe, documenti ed infografiche.

(International Business Times)

Ghuta, scissione dalla Nusra. E nasce al Ansar...





Una nuova formazione jihadista è nata a est di Damasco, frutto della scissione di decine di miliziani dalla Jabhat an Nusra, formazione qaedista presente in Siria. Lo riferiscono fonti degli insorti nazionalisti siriani citati stamani dal quotidiano panarabo-sauditaash Sharq al Awsat.
Le fonti precisano che la nuova sigla, nota come al Ansar, è nata a Saqba, nella Ghuta orientale ed è guidata da ex combattenti della Nusra, usciti dalla formazione qaedista in polemica con la decisione dei vertici del gruppo di non allearsi con lo Stato islamico (Isis) durante gli attacchi aerei della Coalizione guidata dagli Stati Uniti.
I ribelli nazionalisti locali erano riusciti nei mesi scorsi a cacciare dalla Ghuta, a est di Damasco, i jihadisti dell’Isis ma non quelli della Nusra, alleati nell’insurrezione anti-regime. Il neonato gruppo al Ansar conta, secondo le fonti, circa 70 miliziani ben armati e ben pagati.
Le fonti degli insorti mettono in guardia dal pericolo di un’ulteriore frammentazione del fronte anti-regime nella Ghuta, regione che un tempo assediava Damasco, il centro del potere, e che dalla primavera scorsa è sempre più colpita dalla controffensiva delle forze lealiste, sostenute dagli Hezbollah libanesi.
Nelle ultime settimane, il regime e i suoi alleati hanno conquistato Mliha e di recente i miliziani estremisti del Jaysh al Islam si sono ritirati da Dukhaniye, nei pressi di Jaramana, roccaforte governativa.
(SiriaLibano)

Egitto, autobomba nel centro del Cairo: 12 feriti...





È di 12 feriti, tra cui un bambino, il bilancio di un attentato avvenuto martedì sera nel centro del Cairo. Secondo testimoni tra i feriti ci sarebbe anche un bambino. Un'autobomba è esplosa in una zona molto affollata, a trenta metri dalla sede della Corte Suprema. «È stato un attentato», ha detto il ministro dell'Interno egiziano Mohamed Ibrahim, commentando l'esplosione.