mercoledì 10 aprile 2013

Siria, guerra senza fine "Qui è come in Iraq"....


Rumori sordi, che fanno vibrare i vetri e le persone, colpi di mortaio e artiglieria. E poi il frastuono dei Mig che sorvolano Damasco. Può capitare che gli scoppi siano continui, senza sosta: missili o bombe. tutto questo è routine quotidiana.Il lavoro dei volontari della Mezzaluna Rossa Siriana


di TOMMASO DELLA LONGA *DAMASCO - E' come quando in una bella giornata, si sente un fragore in lontananza e il pensiero va al temporale che sta per arrivare. Peccato che qui a Damasco quei rumori sordi, che fanno vibrare i vetri e le persone, sono colpi di mortaio e artiglieria. E qualche volta, come oggi, si sentono risuonare anche le turbine dei  Mig. O ancora, può capitare che mentre si è in un caffè affollato, per circa dieci, quindici minuti gli scoppi siano continui, senza sosta. "Sono missili o bombe", ci dice una persona. Ma nessuno quasi alza gli occhi dal piatto o dal caffè. E' routine quotidiana. 

Un continuo rumore di fondo. Così si vive da queste parti, dove la capitale della Siria va avanti più o meno fino al tramonto e poi diventa di fatto una città di fantasmi. Un luogo dove la gente tira avanti, ma è sempre in attesa di qualcosa, di un nuovo attentato, di un'altra violenza, come se ormai questi due anni avessero scolpito all'interno della popolazione l'angoscia di nuove brutte notizie. Una sorta di insicurezza continua e drammatica. "Ci troviamo di fronte ad un secondo Iraq, destabilizzato, tra autobombe che esplodono in mezzo ai civili e una guerra senza fine", spiega un professionista che abita a Damasco. Chissà, l'unica cosa che rimane certa è il rumore di sottofondo, che per qualche assurda ragione, ogni tanto si sente più spesso, ogni tanto di meno: ricorda un po' i racconti della prima guerra mondiale, dove tra i frontaggiamenti in trincea, ci si ammazzava per conquistare 500 metri, per poi perderli la notte successiva. 

Gli sfollati interni nei sobborghi. Passata una notte dall'attentato davanti alla banca centrale siriana, riusciamo a muoverci, per una visita alla sede della Mezzaluna Rossa Siriana e ad un centro di distribuzione, dove decine di giovani volontari si occupano di organizzare i convogli umanitari e si prendono cura delle tantissime famiglie che hanno bisogno di aiuti alimentari, kit igienico-sanitari, assistenza psico-sociale. Subito dopo riceviamo l'autorizzazione per uscire da Damasco. Puntiamo verso i sobborghi di Qudsya, dove il sindaco si è preso carico degli sfollati. In Siria si parla di 4 milioni di persone che hanno lasciato la loro casa, il loro lavoro, tutto: sono "internal displaced person", in poche parole, sfollati interni. 

Le scuole sono diventate rifugi. Sono 725 le scuole che in tutto il Paese sono diventate punti di accoglienza, come quella che abbiamo visitato. Qui sono 300 gli ospiti, tra uomini, donne e bambini. Le aule sono divise da lenzuola che delimitano gli spazi, in ogni stanza possono vivere anche tre famiglie insieme. Nel cortile ci sono i servizi igienici e anche una cucina: tanti sono i volontari della zona che danno una mano e gli sfollati, di Homs, Aleppo e della stessa Damasco, qui si sentono al sicuro. Poco più lontano, in una scuola ancora non ultimata vivono otto famiglie. C'è solo lo scheletro del palazzo, senza allacci e acqua corrente, "ma almeno - spiegano - qui abbiamo un tetto sulla testa". In Siria gli sfollati, possono esserlo anche per più di una volta: c'è chi per esempio un anno e mezzo fa è scappato da Homs. E un mese fa è fuggito da Damasco. Una vita in fuga.  

Il lavoro dei volontari. Qui i volontari e gli operatori della Mezzaluna Rossa siriana, insieme alle altre organizzazioni, fanno il possibile. Ma i bisogni sono tanti ed enormi. C'è bisogno di aiuti umanitari, ma c'è bisogno anche di intervenire su un tessuto sociale che si sta disgregando. Un esempio su tutti: il sistema scolastico. Alcune famiglie tengono a casa i figli per paura, altre perché le scuole sono diventate centri di accoglienza, altre ancora perché scappando non sono riusciti a portare via dalle proprie case neanche i documenti e in alcuni casi non possono iscrivere a scuola i bambini.

Momenti di relax subito interrotti.
 Dopo una giornata così il rischio che si corre è quello di sentirsi impotenti. Poi c'è Samira che incrocia lo sguardo di un ragazzo che gli sta porgendo dei biscotti. Oppure si ascoltano le parole di ringraziamento di un padre che ha ricevuto il latte per il proprio bimbo. E quando i sorrisi sembrano ormai aver preso il sopravvento, si sente in lontananza un rumore secco, molto forte. "Questa volta i colpi sono più vicini". Già, lo sono. Così il clima torna oscuro. Ma la voglia di fare, no, quella proprio non passa. 
(La Repubblica.it)

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