domenica 15 dicembre 2013

Siria: migliaia bambini in Libano nella morsa del freddo In regione frontaliera, siriani e libanesi soffrono assieme...



(di Lorenzo Trombetta) (ANSAmed) - WADI KHALED - Ibrahim ha dodici anni e affronta il gelo di Wadi Khaled, lingua di terra libanese infilata nella Siria centrale, con un paio di ciabatte al piede e una felpa di cotone. Per lui e per altre migliaia di minori della zona frontaliera oggi non c'è scuola: il governo di Beirut ha ordinato la chiusura degli istituti di tutto il Paese, chiedendo alle famiglie di "tenere i figli al caldo" durante la perturbazione che investe il Mediterraneo orientale. Il problema per Ibrahim e la sua famiglia non è solo il freddo. Una bomba incendiaria sparata da miliziani siriani lealisti dall'altra parte del confine, oltre il Grande Fiume, ha colpito la loro casa, che è andata in fiamme. La guerra nella vicinissima Siria prosegue, e anche in questo remoto angolo di Libano è giunta la notizia - poi smentita - della fuga in Qatar del generale siriano disertore Salim Idriss, capo dei ribelli sostenuti dall'Occidente e una cui postazione alla frontiera con la Turchia era stata conquistata nei giorni scorsi da miliziani islamisti. La signora che cerca di fissare una coperta sopra le imposte di una finestra senza vetri non sembra interessata però a quel che accade lontano dalla sua abitazione. E' una dei 37mila siriani profughi giunti a Wadi Khaled dal maggio 2011 a diverse ondate. "Gli ultimi sono arrivati dieci giorni fa, da Zara", afferma Hajj Dawud, libanese che ospita alcune famiglie in due baracche di sua proprietà.

Il Libano è il Paese che ospita il maggior numero di rifugiati siriani: 838.000 sono quelli registrati. E di questi, 120.000 sono sistemati in campi informali non riconosciuti dal governo dominato da una coalizione vicina al regime di Damasco.

"In molte case non ci sono letti, i bimbi dormono per terra", afferma Hajj Dawud. Dopo la pesante nevicata dell'altro ieri, Wadi Khaled - dal 2012 invasa da progetti di cooperazione portati avanti dalle agenzie Onu e da organizzazioni non governative occidentali e arabe - ha avuto una giornata riscaldata da un timido sole. Dopo il tramonto la temperatura è scesa a un grado. Di notte, nel bassopiano si registra meno tre gradi. "Qui nel Wadi siamo circa 30mila libanesi. In due anni e mezzo i siriani ci hanno invaso e ormai sono più di noi", afferma Ahmad D., assistente del sindaco di uno dei comuni della regione. "Prima vivevamo dei commerci, anche illegali, con la Siria. Il confine è chiuso da due anni e i lavori nei campi e di muratura sono ora appannaggio dei siriani", afferma Abu Hafez, guardiano di una scuola elementare. "I siriani accettano di lavorare per la metà dei compensi normali", afferma. Abu Hafez non ha studiato in Libano. "Quando ero piccolo non c'erano scuole a Wadi Khaled. Si andava oltre il Grande Fiume, in Siria a studiare". Le due comunità sono divise oggi da ragioni economiche, ma esprimono una solidarietà di fondo data da secoli di convivenza. Il ministro libanese per gli Affari sociali Wael Abu Faour ha definito "disastrosa" la situazione dei rifugiati siriani presenti nel Paese in campi eretti "ai tempi dell'emergenza".

"Sono due anni che siamo in emergenza", afferma Elie Kayed della Protezione civile di Wadi Khaled. "Qui al Wadi l'economia è a terra. Ne risentiamo tutti". Il sindaco di Bani Sakhr, Ahmad Doueiri, ha sul tavolo una lettera dell'agenzia di cooperazione svizzera. Il Paese europeo paga 200 dollari al mese a ciascun libanese che offre un riparo a famiglie di profughi, assicurando loro elettricità e acqua. "A Bani Sakhr ci sono 700 libanesi e 900 siriani", afferma il sindaco. Molti sono ospitati in garage, altri in edifici in costruzione senza infissi o con tetti pericolanti. Nelle scuole - dove libanesi e siriani studiano gomito a gomito - il combustibile per le stufe è razionato e le aule sono delle celle-frigorifero. "Il freddo ucciderà le persone e lo Stato (libanese) non può aiutarli", ha detto il ministro Abu Faour, lamentando "l'assenza di una decisione politica per aprire campi profughi ufficiali". In attesa, Imad, 17enne di Wadi Khaled, torna a casa saltellando sulle pietre di un rigagnolo d'acqua. "Fa freddo ma non possiamo farci nulla", afferma alzando le spalle. Poco più in là un ragazzino è accovacciato vicino a un falò acceso sul ciglio della strada...

Nessun commento:

Posta un commento