martedì 31 dicembre 2013

Morto sul lavoro un minorenne in Siria...



Mario Boccia

Si  chia­mava Molhem Bara­kat, era nato a Istan­bul e aveva 17 anni. Era bravo a fare le foto ed era diven­tato un col­la­bo­ra­tore della Reu­ters. E’ morto ad Aleppo, la città dove viveva, il 20 dicem­bre scorso, men­tre foto­gra­fava uno scon­tro tra gruppi ribelli e l’esercito siriano all’ospedale Kindi (i ribelli accu­sano i rego­lari di avere tra­sfor­mato l’ospedale in una caserma e per que­sto lo ave­vano attac­cato).
Que­sta è la noti­zia nuda; una lunga dida­sca­lia sotto la foto di un ragaz­zino sor­ri­dente, in posa con la mac­china foto­gra­fica con il teleo­biet­tivo bianco, con­ces­sa­gli in uso dalla Reuters.
Ma è dav­vero tutto qui? Nel breve arti­colo uscito su Repub­blica on-linec’è un’informazione impor­tante: Bara­kat pren­deva 100 dol­lari per dieci foto tra­smesse al giorno. A conti fatti sono 10 dol­lari a foto, più un bonus nel caso che qual­cuna fosse pub­bli­cata su testate importanti.
Molti com­men­ta­tori su carta e in rete, hanno copia-incollato con varia­zioni minime la stessa noti­zia d’agenzia. Qual­cuno ha sba­gliato la tra­du­zione e “bar­racks”, per troppi, è diven­tato “bar­ri­cate” invece che “caserma”. Pazienza per la descri­zione dei fatti, pur­ché ci sia abbon­danza di pseudo-poesia nei pezzi: “sor­riso già adulto su un volto di bam­bino”, “ric­cioli neri”, “sogno infranto”, “morire per una pas­sione”, “ritraendo vita e morte della sua gente ne era la coscienza”, fino al top: “Lui è rima­sto lì, pic­colo e uomo insieme, accom­pa­gnato da un’arma mici­diale che ora giace rico­perta del san­gue del suo sol­dato”. Ancora: “Molhelm e la sto­ria si sono tenuti per mano, egli è stato i suoi occhi, monito futuro per le guerre che ine­so­ra­bil­mente ver­ranno. È stato il ragaz­zino che con le sue imma­gini ha mostrato il mondo che vor­rebbe mal­grado tutto, riu­scendo a cata­liz­zare l’attenzione sull’innocenza fan­ciul­le­sca che si ritrova pro­ta­go­ni­sta nel ter­ri­fi­cante tea­tro della morte”.
Oltre ai pro­dut­tori di pes­sima let­te­ra­tura, ci sono gior­na­li­sti che sanno fare il loro mestiere. Sui siti e gior­nali inglesi, per esem­pio. Rai News 24 se n’è accorta e ha rilan­ciato, espri­mendo dubbi sul ruolo della Reu­ters nella vicenda, ma ormai la noti­zia è fredda e Bara­kat ha fatto l’ultimo regalo ai suoi datori di lavoro: la sua fac­cia e la gal­le­ria delle sue foto, pub­bli­cate ovunque.
Molhem Bara­kat e quelli come lui sono fuori dal sistema di difesa dei diritti e della tutela della sicu­rezza sul lavoro, che pure ci appas­siona, tanto che nes­suno si pone domande a riguardo. Que­sto è un indi­ca­tore cul­tu­rale del paese che siamo diven­tati. La pro­po­sta di col­la­bo­ra­zione di una major dell’informazione diventa “un’opportunità di coro­nare un sogno” e non sug­ge­ri­sce altre riflessioni.
Al con­tra­rio, il gior­na­li­sta Corey Pein, nel suo blog dall’Inghilterra, arriva a porsi 19 domande, tutte piut­to­sto imba­raz­zanti per la Reu­ters. Ne aggiun­ge­rei solo una se non fosse inu­tile per­ché viola la pri­vacy dell’azienda e altri prin­cipi sacri: quanto ha gua­da­gnato la Reu­ters sul lavoro di Bara­kat?
In tutti i con­flitti recenti, i col­la­bo­ra­tori locali sono pre­senze utili per le agen­zie di stampa, per­ché costano poco e ren­dono molto. Pos­sono essere bravi, ma è bene che non lo diven­tino troppo, per­ché devono restare gre­gari. Niente polizze di assi­cu­ra­zione, corsi di soprav­vi­venza, giub­botti anti­pro­iet­tile, elmetti, alber­ghi, auti­sti, tele­fono satel­li­tare etc. Niente riscatto e com­pli­ca­zioni diplo­ma­ti­che in caso di seque­stro. 10 dol­lari a foto, tutto incluso. Se dal loro lavoro esce una coper­tina pre­sti­giosa, si accon­ten­tano di un pic­colo bonus e il resto è pro­fitto per l’agenzia. Le cifre che gua­da­gnano sono para­me­trate al costo della vita, che in Siria è basso, cioè pari al valore della vita stessa (dei suoi cittadini)....
(Il manifesto)

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