martedì 3 dicembre 2013

Il “rischio Somalia” per la Siria...


L'inviato dall'Onu e dalla Lega Araba, Lakhdar Brahimi, ha fatto il drammatico paragone. Ecco qual è la vera (caotica) situazione nel Paese...



La Somalia come pietra di paragone. LaSiria rischia di finire come il Paese africano, in mano ai signori della guerra e con le regioni che dichiarano l’autonomia. L’esempio arriva dalla Somalilad e dal Puntland. Ma nei fatti non esiste un governo centrale: tutto è nella mani di leader che riescono a formare eserciti personali, assoldando mercenari.
L’ultimo attentato a Damasco ha causato almeno 4 morti: un attacco suicida nel cuore di una capitale ormai smembrata dal lungo conflitto. L’ennesimo tragico esempio della scia di sangue che flagella la popolazione.
L’inviato dall’Onu e dalla Lega Araba, Lakhdar Brahimi, ha denunciato l’effettivo pericolo di una “deriva somala” per la Siria. Lo scenario è già dei peggiori: la dissoluzione dello Stato è praticamente già avvenuta. Il regime di Bashar Assad sta cercando di riprendere il comando del Paese, con il sostegno degli Hezbollah libanesi (decisivi in numerose battaglie) e delle organizzazioni sciite sia iraniane che irachene.
Ma il presidente non gode più della credibilità in Occidente per porsi a capo di un processo di pacificazione. La trattativa sulla distruzione della armi chimiche ha permesso al dittatore di non subire un attacco militare, ma non ci sono stati passi in avanti sulla sua uscita di scena. Lui, del resto, è consapevole di avere ancora dalla sua parte gli alleati storici della Russia, oltre che dell’Iran.
D’altra parte non esiste un’opposizione unitaria. Il Consiglio Nazionale Siriano rappresenta un interlocutore debole per un motivo molto semplice: gli manca la forza per imporre una linea comune ai ribelli. La struttura militare dell’l'Esrcito libero siriano, rafforzata con la fusione con il Movimento dei Liberi Ufficiali, è solida, ma spesso nelle proprie fila si inseriscono guerriglieri appartenenti alla galassia dell’estremismo islamico.
Un altro attore fondamentale è Jabhat al-Nusra, l’organizzazione radicale islamica che probabilmente è la più capace di fronteggiare l’esercito di Assad e dei suoi alleati. E in questo caso l’Occidente ha usato l’espressione “terrorista” per definirlo. Stesso discorso vale per Ahrar al-Sham, che si alimenta della stessa ideologia estremista e che vede l’abbattimento del regime come un mezzo per far nascere uno Stato islamico.
In questo caos, emergono poi i signori della guerra che riescono a conquistare il potere in una zona, conservandolo con ferocia, senza neanche capire da che parte stanno.
Nonostante il dramma, c’è chi come l’analista Theodore Karasik compie rilievi sul paragone tra Damasco e Mogadiscio: «Le differenze tra Somalia e Siria sono grandi. La Siria è una società multidimensionale, composta da persone provenienti sia da estrazioni laiche che religiose. La Somalia è basata su federazioni regionali di membri dei clan», ha spiegato ad Al Arabiya. Un’osservazione storica impeccabile, che può modificare l’etichetta ma non la sostanza. Perché la Siria sta per diventare un paradigma per indicare il caos...
(Il Journal)

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