L'Occidente rivaluta Bashar. Unico baluardo contro jihadisti e terroristi. E tratta con Damasco. Vacilla l'appoggio ai ribelli.
di Barbara Ciolli
Le armi chimiche sono state consegnate e navigano verso acque internazionali.
Aperti i canali con l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), i rappresentanti del governo siriano preparano le valigie per la Svizzera: pronti, il 22 gennaio, ad aprire la Conferenza di pace di Ginevra 2. Mentre il presidente Bashar al Assad continua a bombardare, senza tregua, i quartieri ribelli di Aleppo.
LA GUERRA DI TUTTI CONTRO TUTTI.A preoccupare la comunità internazionale, due anni e mezzo dopo l'inizio del conflitto, è, prima di tutto, la deriva qaedista della Siria. Interi territori sono finiti in mano agli islamisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis) e ad altri jihadisti, arrivati anche dall'Europa.
Gli insorti dell'Esercito libero siriano (Els) combattono ormai una guerra nella guerra contro gli ex alleati islamisti: quasi 500 morti in una settimana, ha denunciato l'Osservatorio siriano per i diritti umani con sede a Londra, tra i quali 240 delle brigate ribelli, 157 dell'Isis e 85 civili.
L'INTELLIGENCE ATLANTICA A DAMASCO. Nella conta sono incluse anche decine di ostaggi giustiziati dai tagliatori di gole islamisti e altrettanti qaedisti fucilati dall'Els. Senza dimenticare la guerra che, sulle montagne del nord, i curdi combattono per la loro regione autonoma, contro le razzie qaediste e, talvolta, anche contro i ribelli.
In questo far west, la carta più sicura per l'Occidente è tornata a essere Assad, il dittatore riabilitato a presidente. A Damasco, i servizi segreti atlantici avrebbero riaperto i negoziati con il governo, in funzione anti al Qaeda. In attesa che la politica, a Montreux, sul lago di Ginevra, faccia il suo corso.
Aperti i canali con l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), i rappresentanti del governo siriano preparano le valigie per la Svizzera: pronti, il 22 gennaio, ad aprire la Conferenza di pace di Ginevra 2. Mentre il presidente Bashar al Assad continua a bombardare, senza tregua, i quartieri ribelli di Aleppo.
LA GUERRA DI TUTTI CONTRO TUTTI.A preoccupare la comunità internazionale, due anni e mezzo dopo l'inizio del conflitto, è, prima di tutto, la deriva qaedista della Siria. Interi territori sono finiti in mano agli islamisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis) e ad altri jihadisti, arrivati anche dall'Europa.
Gli insorti dell'Esercito libero siriano (Els) combattono ormai una guerra nella guerra contro gli ex alleati islamisti: quasi 500 morti in una settimana, ha denunciato l'Osservatorio siriano per i diritti umani con sede a Londra, tra i quali 240 delle brigate ribelli, 157 dell'Isis e 85 civili.
L'INTELLIGENCE ATLANTICA A DAMASCO. Nella conta sono incluse anche decine di ostaggi giustiziati dai tagliatori di gole islamisti e altrettanti qaedisti fucilati dall'Els. Senza dimenticare la guerra che, sulle montagne del nord, i curdi combattono per la loro regione autonoma, contro le razzie qaediste e, talvolta, anche contro i ribelli.
In questo far west, la carta più sicura per l'Occidente è tornata a essere Assad, il dittatore riabilitato a presidente. A Damasco, i servizi segreti atlantici avrebbero riaperto i negoziati con il governo, in funzione anti al Qaeda. In attesa che la politica, a Montreux, sul lago di Ginevra, faccia il suo corso.
L'Occidente diviso sul futuro di Assad
Per questo quando Assad si dice pronto a ricandidarsi per vincere le presidenziali del 2014 non scherza.
La data delle consultazioni, va da sé, è fluttuante. Ma perché il suo programma non dovrebbe essere credibile? Dalle proteste del 2011, la sua linea è stata coerente. Dal suo punto di vista, i siriani che chiedevano riforme sono stati strumentalizzati dai «terroristi stranieri», infiltrati nel Paese.
SPIRAGLI APERTI CON BASHAR. A un soffio dalla guerra con gli Usa, a settembre Assad ha accettato di distruggere il suo arsenale chimico. E, archiviati i 1.300 morti da gas nervino del 21 agosto 2013 nei quartieri ribelli di Damasco, le cancellerie occidentali hanno aperto spiragli a Damasco.
Se è vero quello che raccontano gli uomini di Assad ai media, i servizi segreti atlantici lavorerebbero ormai sottobanco con il Mokhabarat, la famigerata intelligence siriana che risponde direttamente al presidente, per arrestare l'offensiva dei terroristi di al Qaeda, entrati dall'Iraq e da altri Paesi. Nonché grande minaccia per l'Europa e gli Usa, ben oltre il Medio Oriente.
Intervistato dall'emittente inglese Bbc, il vice ministro degli Esteri siriano Faisal Mekdad ha affermato che, recentemente, «molte agenzie occidentali» si sarebbero recate in visita a Damasco, per «discutere di come combattere insieme il radicalismo islamico».
LA MANCANZA DI ALTERNATIVE. Tra gli ufficiali di sicurezza e i politici dell'asse filo-americano, in particolare, sarebbe in atto una «scissione» sul pressing per le dimissioni del presidente siriano. Diversi governi occidentali avrebbero compreso come, alla fine, «non ci sia alternativa alla leadership di Assad».
Verosimilmente, le rivelazioni dalla Siria rientrano nel naturale gioco delle parti, alla vigilia della Conferenza di Ginevra 2.
Con i suoi ministri, Assad fa del suo meglio per evitare la cacciata dal Paese. Ma certo è che, a negoziati di pace imminenti, l'allarme al Qaeda è oltre i livelli di guardia. E, con le brigate ribelli in crisi d'identità e in lotta, l'unico interlocutore disponibile a cooperare da subito è il governo di Damasco.
A Capodanno, una delegazione siriana si è persino recata dal pontefice a Roma, raccogliendo l'appello natalizio di Francesco alla pace.
La data delle consultazioni, va da sé, è fluttuante. Ma perché il suo programma non dovrebbe essere credibile? Dalle proteste del 2011, la sua linea è stata coerente. Dal suo punto di vista, i siriani che chiedevano riforme sono stati strumentalizzati dai «terroristi stranieri», infiltrati nel Paese.
SPIRAGLI APERTI CON BASHAR. A un soffio dalla guerra con gli Usa, a settembre Assad ha accettato di distruggere il suo arsenale chimico. E, archiviati i 1.300 morti da gas nervino del 21 agosto 2013 nei quartieri ribelli di Damasco, le cancellerie occidentali hanno aperto spiragli a Damasco.
Se è vero quello che raccontano gli uomini di Assad ai media, i servizi segreti atlantici lavorerebbero ormai sottobanco con il Mokhabarat, la famigerata intelligence siriana che risponde direttamente al presidente, per arrestare l'offensiva dei terroristi di al Qaeda, entrati dall'Iraq e da altri Paesi. Nonché grande minaccia per l'Europa e gli Usa, ben oltre il Medio Oriente.
Intervistato dall'emittente inglese Bbc, il vice ministro degli Esteri siriano Faisal Mekdad ha affermato che, recentemente, «molte agenzie occidentali» si sarebbero recate in visita a Damasco, per «discutere di come combattere insieme il radicalismo islamico».
LA MANCANZA DI ALTERNATIVE. Tra gli ufficiali di sicurezza e i politici dell'asse filo-americano, in particolare, sarebbe in atto una «scissione» sul pressing per le dimissioni del presidente siriano. Diversi governi occidentali avrebbero compreso come, alla fine, «non ci sia alternativa alla leadership di Assad».
Verosimilmente, le rivelazioni dalla Siria rientrano nel naturale gioco delle parti, alla vigilia della Conferenza di Ginevra 2.
Con i suoi ministri, Assad fa del suo meglio per evitare la cacciata dal Paese. Ma certo è che, a negoziati di pace imminenti, l'allarme al Qaeda è oltre i livelli di guardia. E, con le brigate ribelli in crisi d'identità e in lotta, l'unico interlocutore disponibile a cooperare da subito è il governo di Damasco.
A Capodanno, una delegazione siriana si è persino recata dal pontefice a Roma, raccogliendo l'appello natalizio di Francesco alla pace.
Stati Uniti e Gran Bretagna: appoggio a rischio ai ribelli
Di fronte al ritorno di Assad, la Coalizione nazionale siriana (Cns) - principale ombrello dell'opposizione all'estero - e l'Els, il suo braccio armato, hanno minacciato di disertare i colloqui di pace in Svizzera, unendosi al no del Comitato di coordinamento nazionale (Ccn), gli attivisti interni della Siria.
Nella riunione del 17 gennaio, la Cns deciderà se inviare o meno i suoi emissari a Ginevra. Spazientita, la cordata pro-ribelli degli Amici della Siria, Italia inclusa, ha esortato gli insorti a sedere al tavolo con Assad, o «altrimenti i colloqui saranno a rischio», per non dire inutili.
UN NUOVO AFGHANISTAN. Gran Bretagna e Usa avrebbero addirittura minacciato di ritirare l'appoggio ai ribelli, se entro il 22 gennaio questi non faranno retromarcia. Il tempo stringe: citando alti funzionari dell'intelligence e dell'antiterrorismo americani, il New York Times ha lanciato l'allarme della presenza di qaedisti addestrati in Siria per organizzare attentati in Europa e negli Usa.
Washington e Londra non sanno bene come agire, in quello che pare già un «nuovo Afghanistan». Formalmente inglesi e americani continuano a chiedere la fine di Assad. Anche se l'esistenza delle trattative con Damasco - attraverso la Russia e secondo le indiscrezioni bene informate ai media anche tra le intelligence - dimostra come il dialogo sia in corso.
ALLEANZA ANTI-JIHAD. Nella Turchia che ha accolto il quartier generale della Cns sono in corso perquisizioni a tappeto contro i gruppi jihadisti. E alla Conferenza di pace di Ginevra, gli Usa hanno infine invitato anche gli iraniani, reduci da una visita a Istanbul e, il 15 gennaio, ricevuti a Damasco.
Se sui terroristi l'Occidente dovrà dare ragione al governo siriano, come liberarsi poi di Assad?
Nella riunione del 17 gennaio, la Cns deciderà se inviare o meno i suoi emissari a Ginevra. Spazientita, la cordata pro-ribelli degli Amici della Siria, Italia inclusa, ha esortato gli insorti a sedere al tavolo con Assad, o «altrimenti i colloqui saranno a rischio», per non dire inutili.
UN NUOVO AFGHANISTAN. Gran Bretagna e Usa avrebbero addirittura minacciato di ritirare l'appoggio ai ribelli, se entro il 22 gennaio questi non faranno retromarcia. Il tempo stringe: citando alti funzionari dell'intelligence e dell'antiterrorismo americani, il New York Times ha lanciato l'allarme della presenza di qaedisti addestrati in Siria per organizzare attentati in Europa e negli Usa.
Washington e Londra non sanno bene come agire, in quello che pare già un «nuovo Afghanistan». Formalmente inglesi e americani continuano a chiedere la fine di Assad. Anche se l'esistenza delle trattative con Damasco - attraverso la Russia e secondo le indiscrezioni bene informate ai media anche tra le intelligence - dimostra come il dialogo sia in corso.
ALLEANZA ANTI-JIHAD. Nella Turchia che ha accolto il quartier generale della Cns sono in corso perquisizioni a tappeto contro i gruppi jihadisti. E alla Conferenza di pace di Ginevra, gli Usa hanno infine invitato anche gli iraniani, reduci da una visita a Istanbul e, il 15 gennaio, ricevuti a Damasco.
Se sui terroristi l'Occidente dovrà dare ragione al governo siriano, come liberarsi poi di Assad?
Mercoledì, 15 Gennaio 2014
(Lettera 43)



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