domenica 19 gennaio 2014

Italiani sequestrati, adesso sono quattro...



di Pino Scaccia

Sono quattro adesso gli italiani sequestrati. Ci sono padre Dall’Oglio(nella foto) in Siria e proprio oggi ricorrono due anni dal rapimento in Pakistan di Giovanni Lo Porto, un volontario siciliano a cui gli amici hanno dedicato un video virale e di cui da tempo non si hanno assolutamente notizie. Le ultime vittime di quella che ormai è un’industria internazionale del crimine, o forse sarebbe meglio dire del terrorismo, sono state prese in Libia. Si tratta di due operai edili calabresi:Francesco Scalise di 62 anni eLuciano Gallo di 48. Sono stati prelevati da uomini armati in piena Cirenaica, in balia delle bande armate dopo la caduta di Gheddafi, nel villaggio di Martuba, tra Derna e Tobruk. Conosco bene la zona, è sulla strada che porta dalla Libia in Egitto ed è quella che chiunque deve percorrere per andare a Bengasi. Proprio la vicinanza con il confine egiziano costò alle truppe italiane una sconfitta storica durante la seconda guerra mondiale. Adesso i problemi sono altri e il territorio è considerato notoriamente il quartier generale della frangia libica di al Qaeda, già responsabile di numerose morti tra politici e poliziotti. Almeno cinque, compresi i seguaci del raìs e i responsabili della rivolta, proprio per dimostrare la loro forza “autonoma”, contro tutto e tutti. La scelta di Derna non è casuale, visto che è la città d’origine di Abu Sufian bin Qumu che dopo un periodo di prigionia a Guantanamo sembra che abbia fatto addirittura l’autista di bin Laden. Tornato a casa, ha prima guidato la rivolta e poi sterminato gli alleati contro Gheddafi sempre in nome della “sharia”. Il gruppo fa parte della cellula di Ansar al Sharia responsabile anche dell’attacco alla sede diplomatica americana a Bengasi e della morte dell’ambasciatore Chris Stevens. Non è del resto un mistero, visto che addirittura sul web i qaedisti hanno pubblicato filmati e proclami, proprio dedicati alla popolazione di Derna. Una cittadina che ricorre anche in documenti trovati in Iraq: da lì sono partiti addirittura 53 kamikaze, un numero incredibile se rapportato a soli 80 mila abitanti. Meraviglia dunque che una piccola impresa edile, la General World, con pochissimi contatti oltretutto con l’ambasciata italiana a Tripoli, abbia deciso di aprire l’attività in una zona così pericolosa. Ha influito senz’altro la crisi delle imprese, ma i rischi dovevano essere noti. Da quelle parti non è  certo tempo di “primavera”...
(Articolo 21)

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