Anticipati stralci del rapporto degli ispettori delle Nazioni Unite. Mosca ribadisce: "No a risoluzione che preveda l'uso della forza". Reportage tra i cristiani sul fronte della capitale: "Fermate la guerra con il dialogo. Se gli Usa bombardano vince la jihad"...
MOSCA - "I campioni raccolti forniscono prove chiare e convincenti che sono stati utilizzati razzi contenenti gas sarin" in Siria. E' quanto emerge secondo alcune fonti da stralci del rapporto degli ispettori Onu sull'uso di armi chimiche, ricavati dalla foto ufficiale tra il segretario generale Ban Ki-moon e Ake Sellstrom. Oggi pomeriggio, alle 17,15 ora italiana, il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon illustrerà al Consiglio di sicurezza, in una seduta a porte chiuse, i contenuti del rapporto. Più tardi, Ban presenterà i risultati dell'inchiesta anche ai 193 membri dell'Assemblea generale. Il mandato degli esperti non prevede l'indicazione di un colpevole che, secondo gli occidentali, non può che essere il regime di Bashar al-Assad. Ma fonti diplomatiche affermano che i dettagli contenuti nel rapporto forniscono chiare indicazioni sui responsabili, al punto da indurre lo stesso Ban Ki-moon a dichiarare, venerdì scorso, che ci sarebbero prove schiaccianti dell'uso di armi chimiche nell'ormai tristemente famoso attacco del 21 agosto alla periferia di Damasco.
Attacco che aveva indotto Obama e l'amministrazione Usa ad annunciare un'azione militare contro Assad, che non avrebbe mai trovato il sostegno unanime del Consiglio di sicurezza e di cui la stessa opinione pubblica americana non sentiva proprio il bisogno. Di qui, il sostegno anche americano all'iniziativa russa: convincere Assad a smantellare il suo arsenale chimico, condicio sine qua non per scongiurare i bombardamenti americani. Raggiunta l'intesa tra Usa e Russia, la diplomazia ora duella sul "come" sintetizzare e suggellare l'impegno siriano in una risoluzione Onu. In particolare, sulla inclusione o meno di un richiamo al capitolo VII della Carta Onu, l'unico che autorizza l'uso della forza in caso di mancato rispetto degli impegni.
Contraria a una risoluzione che faccia sua l'opzione militare è la Russia, alleata della Siria. Che lo ha rimarcato ancora oggi attraverso il capo della sua diplomazia, Sergei Lavrov, secondo il quale qualsiasi appello per una rapida risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu in base al capitolo VII "dimostra una carenza di comprensione dell'accordo russo-americano sulle armi chimiche in Siria". Una risoluzione Onu che minacci l'uso della forza, ha avvertito il ministro degli Esteri russo, potrebbe far fallire il processo di pace.
Russia, Usa e rispettivi tecnici sono al lavoro all'Aia per attuare l'accordo che prevede il trasferimento sotto il controllo internazionale delle armi chimiche siriane, ha aggiunto Lavrov, precisando che è "una distorsione della realtà" considerare l'accordo in sei punti raggiunto a Ginevra sabato scorso come la richiesta di una risoluzione forte sulla Siria da parte del Consiglio di sicurezza. Piuttosto, ha concluso Lavrov, è giunto il momento non più di convincere, ma di "costringere" l'opposizione siriana ad aderire alla conferenza di Ginevra II.
Di "risoluzione forte" continuano invece a parlare gli "occidentali", Usa, Gran Bretagna e Francia, riuniti in vertice oggi a Parigi. Il presidente francese Francois Hollande e per i capi delle diplomazia americana e britannica, John Kerry e William Hague, hanno sottolineato in conferenza stampa come sia "essenziale" riuscire ad arrivare a una "risoluzione forte e vincolante" per la Siria all'Onu, con un "calendario preciso" per il controllo e lo smantellamento dell'arsenale chimico.
Hollande, secondo il suo entourage, ha sottolineato che i tre alleati devono "mantenere la linea della fermezza che ha consentito di inquadrare questo processo diplomatico e della solidarietà". Francia, Gb e Usa hanno auspicato di poter lavorare a una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu "entro la settimana" a New York, aggiungendo che il rapporto degli ispettori delle Nazioni unite che sarà pubblicato oggi rappresenta "indubbiamente un'occasione favorevole per un passo avanti".
Il segretario di Stato americano ha evidenziato come il momento sia "cruciale. Se riusciamo a ottenere una soluzione negoziale per la Siria vinceremo la pace". E, ancora una volta, Kerry ha riaffermato la decisione degli Usa a non farsi prendere per il naso dalla Siria e dal suo alleato russo. "Non tollereremo misure dilatorie. Se il regime siriano verrà meno ai suoi doveri, ci saranno delle conseguenze. L'opzione militare è sempre sul tavolo".
Kerry si è spinto anche oltre, parlando di "costruzione di una nuova Siria". "Assad ha perso ogni legittimità, vogliamo transizione e passaggio di potere. Continueremo a spingere per una soluzione politica che porti la pace. Tutti noi parleremo con l'inviato speciale di Onu e Lega Araba, Lakhdar Brahimi, a margine della riunione dell'Assemblea generale Onu, per fare di tutto per aiutare il popolo siriano a uscire da questa violenza che crea una catastrofe umanitaria per tutti noi".
Il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, a margine della conferenza sulla Somalia organizzata a Bruxelles, si è detta d'accordo sulla necessità di una risoluzione Onu "piuttosto forte, perché smantellare le armi chimiche non è semplice". In secondo luogo, ha aggiunto, "occorre l'apertura delle frontiere agli operatori umanitari. Misure in favore della dimensione umanitaria" della questione. Questo significa "accesso in siria non solo per gli ispettori ma anche per gli aiuti"....
(La Repubblica.it)

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