martedì 24 settembre 2013

Siria, 2 milioni di bimbi fanno la fame L’allarme di Save The Children...

Oltre 3.900 le scuole chiuse e una crisi umanitaria di proporzioni gigantesche, oltre una guerra che ha già ucciso almeno 130 mila persone...
Intrappolata in una guerra civile che si consuma davanti ai nostri occhi sempre più cinicamente abituati all’orrore, la Siria sta morendo. Muoiono gli uomini e le donne nelle città sotto assedio, muoiono quelli che attraversano la frontiera gonfiando un esodo senza precedenti che ha già oltrepassato quota due milioni di profughi, muoiono i bambini e con loro, con le migliaia di bare in miniatura, con le oltre 3900 scuole distrutte, con il pallone da gioco sostituito dal caricatore del kalashnikov, muore il futuro.  

Secondo l’ultimissimo rapporto di Save the Children, presentato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, almeno due milioni di piccoli siriani combattono ogni giorno un corpo a corpo invisibile con la fame. Solo nelle campagne alla periferia di Damasco uno su venti soffre di malnutrizione e il 14% è in condizioni gravi.  

“In Siria oggi non c’è posto per i bambini” scrive oggi su La Stampa l’arcivescovo emerito di Città del Capo Desmond Tutu, citando i più paradossalmente fortunati, quel milione di minori che, soli o con le loro famiglie, sono riusciti a scappare in Turchia, Giordania, Libano, in Europa. L’indagine di Save the Children, intitolata “La Fame in una Zona di Guerra”, si concentra su quei due milioni di piccoli rimasti nel paese che devono vedersela ogni giorno con la mancanza del cibo necessario per sopravvivere.  

Massacrata da due anni e mezzo di conflitto, l’economia nazionale, sta implodendo mentre l’indice di Sviluppo Umano è regredito di 35 anni. In Siria l’emergenza è trasversale, la produzione di grano è scesa a meno della metà del livello del 2011, il costo dei rifornimenti di base è raddoppiato e quello degli alimenti è impazzito, quasi 7 milioni di abitanti sono precipitati nella povertà assoluta perché anche chi ha ancora un lavoro è strangolato dall’inflazione e non riesce ad acquistare neppure il pane (il rapporto di concentra sui 7 governatori in cui è stato possibile intervistare la gente). 

In Siria manca tutto, a cominciare dalla vita, sospesa in un limbo feroce in cui violenze e abusi sono ormai la routine. Ma, denuncia Save the Children, la crisi umanitaria della popolazione imprigionata in aree sotto assedio e impossibilitata di trovare cibo o acqua potabile non è meno drammatica della guerra vera e propria che ha già ucciso almeno 130 mila persone. Le famiglie di questi villaggi al centro del tiro incrociato tra ribelli e governativi sono chiamate ogni giorno alla scommessa con la morte, uscire a cercare qualcosa da mangiare per i figli che piangono sotto voce per paura di far scoprire il nascondiglio oppure evitare il rischio di essere colpiti dai cecchini e accontentarsi per settimane di un piatto di legumi e croste di pane secco. 

“C’erano momenti in cui eravamo circondati, cadevano le bombe, non c’era cibo per me e per i miei fratellini, stavamo nascosti mangiando un pomodoro e mezzo a testa al giorno, per giorni. Altre volte la mamma trovava un po’ di farina e faceva del pane, perché quello che vendeva una macchina che passava ogni tanto era troppo caro per noi. Ci siamo addormentati con la fame molte volte” racconta il 12enne Sami nella testimonianza raccolta in Libano, dove un mese fa ha trovato riparo con i genitori. Un’altra, quella di Jinan, mamma della piccola Siba di 3 anni, aggiunge tragici dettagli di ordinario olocausto: “Il prezzo del cibo era raddoppiato, latte, pane, tutto era troppo caro per noi. I bambini erano sempre affamati e senza cibo hanno iniziato ad ammalarsi”. 

Nei suoi interventi in Siria e nei paesi confinanti, Libano, Giordania e Iraq, Save the Children ha finora raggiunto più di 600.000 persone, tra cui oltre 360.000 bambini, fornendo cibo, alloggio, vestiti, istruzione. Ma sembra un pozzo senza fondo. E l’emergenza corre più veloce degli aiuti che la tamponano appena. C’è un vecchio detto siriano, ricorda Desmond Tutu, che recita più o meno così “Anche un luogo angusto può contenere mille anime”. Il buco nero che è diventata la Siria ne contiene molte di più, grandi e piccolissime, e la difficoltà di accendere la luce non è una buona scusa per pretendere di non vederle.  
(La Stampa.it)

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