martedì 10 settembre 2013
Siria: a Damasco voci di sollievo ma ancora bombe "Più tempo per cercare riparo, nostra vita sempre a rischio"...
(di Lorenzo Trombetta) (ANSAmed) - BEIRUT - I venti di un attacco occidentale al regime siriano si sono di colpo allontanati ma a Damasco sembra non esser cambiato molto. Anche se un certo sollievo è indiscutibile, i colpi di mortaio continuano a cadere quasi indiscriminatamente sui quartieri più prossimi al fronte tra lealisti e ribelli, mentre fuori dal centro moderno della capitale la guerra prosegue e lascia sul terreno decine di uccisi ogni giorno. "La vita a Damasco non si è mai fermata nemmeno quando l'attacco americano sembrava imminente - ha detto Raja parlando telefonicamente con l'ANSA dalla sua casa di Muhajirin, sulle pendici del monte Qasiun, nella parte occidentale di Damasco - Così come non si fermano oggi i colpi di mortaio. Ogni giorno usciamo e non sappiamo se torniamo a casa". Nella Città vecchia, racconta Maha, "l'atmosfera è sempre la stessa. Certo - ammette - il timore di un attacco americano era evidente e per ora sentiamo che questo è rimandato ... ma non ci facciamo illusioni. I nostri problemi rimangono altri: la sicurezza dei nostri figli, il carovita dei servizi essenziali e dei generi alimentari". "Il traffico è quello di sempre", rincara Raja, secondo cui però "tutti gli abitanti di Damasco che nei giorni scorsi sono fuggiti in Libano per timore di bombardamenti americani torneranno presto in città". Non sanno dove scappare invece gli abitanti della Ghuta, la regione suburbana di Damasco da oltre un anno roccaforte della rivolta anti-regime e da mesi sotto il fuoco quotidiano dell'artiglieria e dell'aviazione fedele a Bashar al Assad. Anche oggi, all'indomani della notizia di un probabile accordo diplomatico tra Stati Uniti e Russia, nella Ghuta - dove il 21 agosto scorso si è verificato il presunto attacco chimico nel quale sono morte centinaia di persone tra cui donne e bambini - si levano diverse voci critiche nei confronti di chi aveva annunciato di voler "punire Assad". E c'è chi continua a fare sarcasmo: "Volevamo capire la differenza tra un Mig (russo) e un F16 (americano), ma così potremo continuare a vedere solo i Mig", afferma Thair, attivista dell'opposizione a Zamalka, est di Damasco, facendo riferimento agli aerei da guerra in dotazione al regime. Vicino a piazza degli Abbasidi, una delle "linee di contatto" più calde tra ribelli di Jawbar e lealisti asserragliati attorno alla piazza dell'omonimo stadio trasformato in caserma a cielo aperto, la famiglia di Ramez prosegue la vita di sempre, ma con un certo sollievo pur nel clima di forte incertezza. "Eravamo pronti a fare le valigie, ma non abbiamo un Paese che ci accolga. Ora abbiamo un po' di tempo in più per cercare, per avviare contatti con amici all'estero - afferma Ramez - Ce ne andremo comunque. In Siria noi e i nostri figli, da tempo non abbiamo più prospettive"...
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