29 maggio 2013 – Al Rastan
Ferito, insanguinato, appeso alla vita con un filo, il filo di una flebo che i medici dell’ospedale da campo di Al Rastan gli hanno applicato per provare a salvargli la vita.
Per questo angelo ferito nemmeno un letto, nemmeno una barella; il punto di soccorso allestito da medici volontari è pieno e il bimbo trova solo tra le braccia amorevoli del padre un sostegno.
Questa è la situazione in cui sono costretti a vivere i civili siriani.
Lottano per sopravvivere…
Se questo è un bimbo, se questa è l’umanità…
Proviamo a porci seriamente questa domanda....

Oggi,più che mai,l'uomo è posto,senza mezzi termini,difronte alla questione del senso della propria essenza,di chi o cosa egli sia:al di là delle morali e delle religioni dominanti,egli scopre che non è possibile "per natura" conservare una propria identità e dignità,che in un qualche modo lo legittimi di fronte all'esistente,senza farsi guidare dal sentimento e dalla ragione che richiedono una presa di posizione e di coscienza nette e operative di fronte agli atti brutali che,per interesse e volontà di dominio,alcuni commettono nei confronti della popolazione inerme,inducendola alla disperazione e alla morte!Non bastano più l'inane e impotente atteggiamento scandalistico e di condanna per tutto ciò che sta accadendo nel mondo,in Siria come da noi in Europa:è necessario fermare la mano di coloro che decidono a tavolino,e con fredda determinazione,che abbia luogo tanto male solo per interessi economici e di potere,bisogna insorgere contro simili esempi di inumanità,al cui confronto persino il nazismo non appare che come un vago e pallido ricordo,a prezzo di essere sprofondati,come civiltà ed esseri umani tutti,nella più vergognosa e nichilistica abiezione di sé.
RispondiElimina