domenica 26 maggio 2013

Malak è morta, ma ha salvato il suo bambino...Video...

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26 maggio 2013 Moaddamiet Al Sham, provincia di Damasco
La donna martire nella foto si chiamava Malak Alì Alkhulany. Il suo nome, Malak, significa angelo e lei lo era davvero, un angelo senza ali,  piena d’amore, di sogni e dolcezza. Malak è stata uccisa oggi mentre andava, insieme alla suocera e al suo bimbo, un neonato di pochi mesi, a trovare il marito.
L’uomo non aveva ancora conosciuto il figlio, perché quando è nato si trovava in una località lontana e non è mai riuscito a raggiungere la famiglia. Le due donne della sua vita, la madre e la moglie Malak, hanno così deciso di affrontare i rischi del viaggio, pur di ricongiungere la famiglia e far incontrare padre e figlio.
Invece il tiro di un cecchino ha spezzato prima la vita della suocera, morta in strada sul colpo, poi quella di Malak, morta a seguito delle ferite. Malak ha fatto da scudo umano al figlio, stringendolo al petto, proteggendolo. Quando le forze l’hanno abbandonata Malak, sua suocera e il suo piccolo angelo erano a terra. Il pianto del bambino ha richiamato l’attenzione della gente e dopo circa quattro ore, una volta aver accertato che il cecchino se ne fosse andato, sono riusciti a salvare il bimbo e portar via i corpi esanimi delle due donne. 
Un gesto di misericordia, un video, per imprimere l’ultima immagine di Malak, madre dolce e giovane, al fianco al suo angelo indifeso. Malak sognava di riunire la sua famiglia. Sognava di vivere pienamente la sua vita di donna e di madre. Invece un cecchino ha messo fine alla sua vita e ai suoi sogni. Non resta che sperare che padre e figlio riescano a ricongiungersi presto. ...

1 commento:

  1. Grazie Sebastiano per questo lavoro di documentazione inestimabile. C'è qualcosa che va oltre al giornalismo come lo possiamo intendere noi comuni utenti dei mass-media, c'è molto di più: è un'esperienza missionaria. L'augurio è che davvero queste immagini possano svegliare le coscienze di chi può fermare questo genocidio. È altrettanto utile che queste esperienze tragiche viaggino sui social network per ridestare le nostre menti, anestetizzate nelle discussioni da pollaio mediatico. Buon lavoro Sebastiano, grazie e come ci ricordi: "Una storia non esiste se non è raccontata".

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