(ANSAmed) - NEW YORK, 23 LUG - Seppur con riserve, le Commissioni Intelligence di Camera e Senato degli Stati Uniti sono ormai indirizzate a dar luce verde alla strategia del presidente Obama per armare i ribelli in Siria, mentre il Pentagono ha presentato per la prima volta al Congresso una dettagliata lista delle opzioni che è pronto a realizzare sul campo, e dei relativi costi finanziari.
Ma allo stesso tempo, il capo di stato maggiore interforze Martin Dempsey e anche la Casa Bianca appaiono ora scettici sulle possibilità che in tempi brevi le sorti del conflitto siriano - che ha finora causato la morte di oltre 100 mila persone - possano essere spostate decisamente a favore della frammentata opposizione al regime di Bashar al Assad, che continua a perdere terreno.
Nonostante "forti preoccupazioni circa la forza dei piani dell'amministrazione e le loro possibilità di successo", la Commissione Intelligence della Camera ha raggiunto il consenso per procedere con la strategia della Casa Bianca, ha detto il capo della Commissione stessa, il repubblicano Mike Rogers. E una posizione simile è stata raggiunta anche dalla analoga Commissione del Senato. Il che potrebbe voler dire che le armi Usa potrebbero cominciare ad arrivare ai ribelli sin da agosto. Allo stesso tempo, il generale Dempsey - che in un'audizione la settimana scorsa ha affermato di ritenere che tra un anno Assad potrebbe essere ancora al potere - in una lettera al presidente della Commissione Forze Armate del Senato ha elencato gli interventi che, se riceverà l'ordine dal presidente Obama, é pronto a realizzare, senza peraltro citare le forniture di armi, che vengono gestite dalla Cia sotto copertura.
Si tratta di interventi che prevedono, scrive il New York Times, attività di addestramento, consulenza e assistenza per l'opposizione, raid missilistici contro obiettivi militari del regime, la realizzazione di una no-fly-zone, la realizzazione di una zona cuscinetto a ridosso della frontiera con Turchia o Giordania, la presa di controllo dei depositi di armi chimiche di Assad. E i costi, secondo le stime, spaziano tra 500 milioni di dollari l'anno e un miliardo di dollari al mese. "Tutte queste opzioni perseguirebbero lo stretto obiettivo militare di aiutare l'opposizione e porre ulteriore pressione sul regime", ha scritto il generale Dempsey nella lettera, in cui però anche ammonisce: "Una volta che procediamo, dovremmo esser pronti a ciò che viene dopo. Un ulteriore coinvolgimento é difficile da evitare". Parole che segnalano ancora una volta la riluttanza dell' amministrazione a farsi trascinare in un nuovo conflitto. La settimana scorsa, il portavoce della Casa Bianca Jay Carney ha affermato che, cambiamenti nell'andamento sui campi di battaglia ci possono essere, ma "Bashar al Assad, nella nostra visione, non governerà mai più su tutta la Siria". Una affermazione, nota ancora il New York Times, che rappresenta una implicita ammissione che Assad sembra ora in grado di rimanere aggrappato al potere, seppure in modo tale da esercitarlo solo su una parte del Paese, ancora per un futuro certo non breve...

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