Un autobus dall’Europa, direzione Turchia. Poi da lì il passaggio in Siria, il breve periodo di ambientamento, la discesa in campo al fianco dei ribelli. In oltre 600, dall’inizio del conflitto a Damasco, sono partiti dal vecchio continente per dare una mano a chi combatte sul terreno contro Bashar al Assad.
COMBATTENTI DALL'ITALIA. In buona parte sono volontari, ma tra loro potrebbero esserci anche elementi regolarmente reclutati per combattere a fianco dell’Esercito libero siriano. Tra questi, una cinquantina provengono dall’Italia, in gran parte dal Centro-Nord. La loro identità non è nota ai più, la loro presenza è tangibile solo alle fonti sul posto. Ma, di certo, il gruppo comprende elementi vicino alla Jihad, giovani convertiti in breve tempo alla causa estremista e pronti a sfidare la morte in nome dell’Islam più radicale.
Come è accaduto per Giuliano Ibrahim Delnevo, il 25enne genovese partito per la Siria con l'obiettivo di unirsi alla causa anti-Assad e lì rimasto ucciso, probabilmente nell’area di Al Qusayr. La sua morte ha però riaperto un nuovo, pericoloso capitolo già noto ai tempi della guerra civile in Libia e ora legato al conflitto siriano: quello della partecipazione alla battaglia di elementi esterni alla rivolta che, spesso, rischiano di contribuire alla diffusione della causa fondamentalista anche in Europa.
ALA RADICALE. Giuliano Del Nevo si era convertito all’Islam nel 2008 ed era noto agli internauti per le sue letture di alcune sure del Corano. Il suo avvicinamento all’Islam si era ben presto orientato verso l’ala più radicale tanto che su Facebook e Youtube il giovane aveva postato alcune invettive dirette a coloro che offendono o dileggiano l’Islam, che Del Nevo apostrofava come «criminali».
Secondo quanto raccontato da alcuni residenti, a Genova Del Nevo aveva anche iniziato una battaglia contro la vendita di alcolici, da qualche tempo aveva una barba molto lunga, e girava con il turbante. Sempre su Facebook, inoltre, ci sono le tracce dell’epilogo del suo percorso di avvicinamento all’islam più radicale: sul celebre social network, infatti, aveva postato delle foto di Abd Allah Yusuf al-Azzam, il fondamentalista al quale si ispirò Osama bin Laden e al quale al Qaeda ha intitolato alcuni suoi gruppi militanti.
In questo contesto, il ragazzo aveva preso la decisione di andare in Siria, dove si era recato per la prima volta probabilmente alla fine dello scorso anno. Obiettivo: combattere a fianco dei ribelli contro il regime di Damasco.
I combattenti europei sono tra il 7 e l’11% della legione straniera presente in Siria
La sua storia - emersa sfortunatamente con la notizia della morte - non racconta tuttavia un caso isolato. Secondo quanto confermato a Lettera43.it dal presidente della Comunità del mondo arabo in Italia (Comai), Foad Aodi, dall’inizio del conflitto siriano in 45-50 sarebbero partiti dall’Italia per combattere al fianco dei ribelli.
Non è noto se si tratti di persone nate in Italia o di stranieri in possesso della cittadinanza italiana ma gran parte di questi «provengono dal Centro-Nord e anche da Roma e sono concentrati soprattutto nel Nord del Paese, nelle aree di Aleppo e Deir Ezzor», ha spiegato Aodi riportando quanto riferitogli da fonti siriane.
ANCHE TRE DONNE. Lì, dove la battaglia infuria ormai da mesi e dove morti e sfollati si contano a migliaia, sarebbero attive anche «tre donne. Un’italiana, una spagnola e forse una cecena, che forniscono assistenza ai ribelli», ha ancora aggiunto Aodi, secondo il quale, in questo contesto, la soluzione non sta «nel fornire armi ai ribelli. Non bisogna far parlare le armi. Bisogna fornire sostegno a tutto il popolo siriano e in questo faccio appello al coraggio del ministro degli Esteri Emma Bonino».
Gli ‘italiani’ che combattono in Siria non sono certo soli. Gilles de Kerchove, a capo dell’anti-terrorismo dell’Unione europea, ha lanciato l’allarme sulla partenza di diverse centinaia di persone dall’Europa per unirsi ai combattenti ribelli siriani. E con il rischio di finire al fianco dei gruppi più estremisti della ribellione, come quel Fronte Jabhat Al Nusra finito nel dicembre del 2012 sulla lista nera del terrore stilata dagli Stati Uniti.
«Nessuno di loro è radicale prima di partire, ma gran parte di questi abbracciano il radicalismo lì, mentre sono reclutati e noi crediamo possano portare una seria minaccia una volta tornati», aveva evidenziato De Kerchove.
DALLA FRANCIA AL BELGIO. Da dove provengono gli aspiranti combattenti ‘europei’, quindi? Dalla Gran Bretagna, dal Belgio e dalla Francia soprattutto, ma anche dall’Olanda e dall’Italia. Rappresenterebbero, secondo un rapporto del King’s College di Londra, tra il 7 e l’11% di una legione straniera islamica ormai da mesi attiva in Siria e composta sostanzialmente da combattenti reclutati in Nord Africa, nella penisola arabica, nelle ex Repubbliche sovietiche della zona del Caucaso.
Sarebbero circa una cinquantina le nazioni di origine di questi partigiani della ribellione. Il problema è forse ancora più grave di quanto accadeva per la guerra in Afghanistan qualche anno fa. La Siria è vicina, raggiungibile via terra piuttosto facilmente attraverso i Balcani e la Turchia.
CONFINI POROSI. I confini, soprattutto nel Nord, sono porosi. E il loro ritorno in patria può alimentare quelle cellule terroristiche domestiche che preoccupano costantemente i servizi segreti europei. Del Nevo, per esempio, era indagato dalla Procura distrettuale di Genova assieme a un altro italiano e quattro maghrebini: per tutti, ma a diverso titolo, è stato ipotizzato il reato di addestramento con finalità di terrorismo internazionale. Un pericolo che, ora più che mai, rende la tragedia siriana ancora più vicina all’Europa...
Non è noto se si tratti di persone nate in Italia o di stranieri in possesso della cittadinanza italiana ma gran parte di questi «provengono dal Centro-Nord e anche da Roma e sono concentrati soprattutto nel Nord del Paese, nelle aree di Aleppo e Deir Ezzor», ha spiegato Aodi riportando quanto riferitogli da fonti siriane.
ANCHE TRE DONNE. Lì, dove la battaglia infuria ormai da mesi e dove morti e sfollati si contano a migliaia, sarebbero attive anche «tre donne. Un’italiana, una spagnola e forse una cecena, che forniscono assistenza ai ribelli», ha ancora aggiunto Aodi, secondo il quale, in questo contesto, la soluzione non sta «nel fornire armi ai ribelli. Non bisogna far parlare le armi. Bisogna fornire sostegno a tutto il popolo siriano e in questo faccio appello al coraggio del ministro degli Esteri Emma Bonino».
Gli ‘italiani’ che combattono in Siria non sono certo soli. Gilles de Kerchove, a capo dell’anti-terrorismo dell’Unione europea, ha lanciato l’allarme sulla partenza di diverse centinaia di persone dall’Europa per unirsi ai combattenti ribelli siriani. E con il rischio di finire al fianco dei gruppi più estremisti della ribellione, come quel Fronte Jabhat Al Nusra finito nel dicembre del 2012 sulla lista nera del terrore stilata dagli Stati Uniti.
«Nessuno di loro è radicale prima di partire, ma gran parte di questi abbracciano il radicalismo lì, mentre sono reclutati e noi crediamo possano portare una seria minaccia una volta tornati», aveva evidenziato De Kerchove.
DALLA FRANCIA AL BELGIO. Da dove provengono gli aspiranti combattenti ‘europei’, quindi? Dalla Gran Bretagna, dal Belgio e dalla Francia soprattutto, ma anche dall’Olanda e dall’Italia. Rappresenterebbero, secondo un rapporto del King’s College di Londra, tra il 7 e l’11% di una legione straniera islamica ormai da mesi attiva in Siria e composta sostanzialmente da combattenti reclutati in Nord Africa, nella penisola arabica, nelle ex Repubbliche sovietiche della zona del Caucaso.
Sarebbero circa una cinquantina le nazioni di origine di questi partigiani della ribellione. Il problema è forse ancora più grave di quanto accadeva per la guerra in Afghanistan qualche anno fa. La Siria è vicina, raggiungibile via terra piuttosto facilmente attraverso i Balcani e la Turchia.
CONFINI POROSI. I confini, soprattutto nel Nord, sono porosi. E il loro ritorno in patria può alimentare quelle cellule terroristiche domestiche che preoccupano costantemente i servizi segreti europei. Del Nevo, per esempio, era indagato dalla Procura distrettuale di Genova assieme a un altro italiano e quattro maghrebini: per tutti, ma a diverso titolo, è stato ipotizzato il reato di addestramento con finalità di terrorismo internazionale. Un pericolo che, ora più che mai, rende la tragedia siriana ancora più vicina all’Europa...
(Lettera 43)

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