di Claudio Accogli
Sembra improvvisamente calato il sipario sulla Siria, dilaniata da quasi tre anni di guerra civile, oltre 120.000 i morti. I venti di guerra soffiati a fine agosto, quando gli Stati Uniti di Barack Obama sembravano sul punto di lanciare un attacco in risposta all'uso dei gas nella regione di Ghouta, oltre mille i morti, centinaia i bambini, hanno lasciato il campo a una fase di stallo.
Sul fronte internazionale, dopo la doccia fredda arrivata con il nuovo slittamento della conferenza di pace voluta da Usa e Russia, la cosiddetta Ginevra 2, tiene banco la questione dello smantellamento dell'arsenale chimico di Bashar al Assad. I siti per la produzione sono stati "sigillati" dagli esperti dell'Opac, l'organizzazione premio Nobel per la pace 2013 chiamata a monitorare il rispetto del trattato di bando di questi armamenti. I materiali chimici saranno con tutta probabilità distrutti all'estero, si ipotizza l'Albania, e Damasco - secondo le ultime indiscrezioni - ha elaborato un piano che ha presentato all'Onu nel quale si chiede un aiuto militare per liberare la strada - a tratti controllata dai ribelli - dalla capitale al porto mediterraneo di Latakia.
L'intellicenge americana sembra però non credere al governo di Assad: secondo alcune fonti non tutte le armi chimiche sarebbero state dichiarate, e i filo-governativi potrebbero contare su una 'riserva' segreta.
Sul terreno tuttavia, non sembra che al momento il regime abbia bisogno del sarin o dell'iprite per vincere la sua battaglia: grazie al sostegno logistico dei Pasdaran iraniani e a quello militare di migliaia di combattenti sciiti libanesi di Hezbollah e delle milizie irachene, i fedelissimi di Assad sembrano aver definitivamente ristabilito il controllo nelle aree strategiche del Paese, rinviando sine die l'offensiva ribelle su Damasco, fino a qualche mese fa letteralmente accerchiata.
Gli anti-governativi sono spappolati in decine di milizie rivali con la 'testa' politica, quella Coalizione dell'opposizione nata a Doha su forte impulso del Qatar e dei Paesi occidentali, incapace di guidare la rivolta e imporsi come rappresentante legittimo e riconosciuto dei ribelli. Tanto che l'Arabia Saudita, è l'ultima rivelazione del Guardian, avrebbe iniziato a finanziare e addestrare l'ennesima formazione ribelle, l'Esercito dell'Islam, nato a settembre per contrastare i gruppi jihadisti come al Nusra o affiliati ad al Qaida come l'Isis.
In questo quadro, dove va in scena anche la crescente rivalità tra Arabia Saudita e Qatar, la guerra continua a mietere vittime: il bilancio stimato dagli attivisti dei comitati locali, solo ieri, è stato di 54 morti, inclusi 4 bambini e cinque donne. Oltre 20 i bombardamenti aerei e decine le località centrate dai missili Scud. Negli ultimi 4 giorni il bilancio è di oltre 200 uccisi, in gran parte civili...
(ANSA)

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