domenica 24 marzo 2013

CARITAS, L’ALTRA EMERGENZA È LA POVERTÀ (INTERVISTA)....


Intervista a...Monsignor Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria
Qual è la priorità da accordare, in questo momento, tra i bisogni della popolazione siriana?

“Quello che noi come Caritas cerchiamo di fare è andare incontro alle necessità delle famiglie. Penso al cibo come ai medicinali e all’assistenza sanitaria a cui spesso, nei giorni più duri del conflitto, molte famiglie non hanno accesso. Abbiamo anche progetti in collaborazione con la Mezzaluna rossa su questo fronte, nel tentativo di coprire una porzione di territorio il più estesa possibile evitando sovrapposizioni inutili”.

A due anni dall’inizio delle rivolte qual’è il sentimento predominante nel paese?

“La gente è spaventata dallo stato di insicurezza e demoralizzata dall’aumento dei prezzi anche in relazione all’alto tasso di disoccupazione. Le violenze in corso stanno affossando l’economia siriana, e non solo dal punto di vista commerciale e delle vendite. In settori chiave come il turismo e tutto quello che a esso ruota intorno, come ristoranti e luoghi di svago, si è registrato un crollo verticale. Per molti è significato perdita dei posti di lavoro e mancanza di una prospettiva concreta di ritrovare un impiego”.

In passato la Siria veniva citata come esempio di convivenza tra fedi diverse. Sta cambiando qualcosa?

“La libertà religiosa è un valore profondamente radicato nello spirito dei siriani. Purtroppo l’impressione è che ci siano forze che si agitano nell’ombra per destabilizzare questo equilibrio. Inoltre, violenze in diverse parti del paese che hanno preso di mira questa o quella comunità, hanno contribuito a creare un clima di sospetto che minaccia la stabilità sociale. Anche per questo è necessario che la guerra si fermi al più presto”.

Dal suo punto di vista, ci sono ancora possibilità che si arrivi a una soluzione negoziata della crisi?

“Personalmente ritengo che l’unica via d’uscita a quanto stiamo assistendo passi per il dialogo. Il conflitto ormai non riguarda più solo la Siria: c’è il timore concreto che le violenze si estendano oltrefrontiera e contribuiscano a destabilizzare altri paesi. Sarebbe uno scenario dalle conseguenze irreparabili”.


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